Banche centrali a confronto
Nell'intervento di Draghi l'Italia e' il "convitato di pietra"
Nel forum annuale dei banchieri centrali del mondo in corso negli Stati Uniti, il Presidente della Bce ha esposto le sue "ricette" per risolvere la crisi.
Non so se esista un sondaggio di opinione al riguardo, ma non è difficile immaginare che tra la gente comune i banchieri e le banche centrali non stiano proprio ai vertici di una ipotetica classifica della simpatia. Naturalmente, in parte, per tutta una serie di luoghi comuni non facilmente superabili.
Tuttavia, quello che è successo dal 2007-2008 con la “bolla” partita dagli Stati Uniti e che ha poi messo in ginocchio praticamente tutte le economie occidentali, non potrà essere dimenticato molto in fretta : in quel grosso guaio, una parte di questi signori c’entrava, eccome!
Ad ogni buon conto, anche se non sono molto “simpatici”, quello che fanno è sempre molto, ma molto importante e, quindi, è sempre meglio seguire i loro incontri e le loro eventuali decisioni (che, peraltro, non sono sempre così chiare e nemmeno “azzeccate”; ma tant’è).
C’era molta attesa per l’annuale forum delle banche centrali che si sta svolgendo a Jackson Hole, sulle Montagne Rocciose del Wyoming (Stati Uniti). Naturalmente, l’economia europea, e non solo, dipendono molto dalle decisioni della Federal Reserve, ma è evidente che gli occhi -almeno dalle nostre parti- erano principalmente puntati su Mario Draghi, il Presidente della Banca Centrale Europea (Bce).
E’ un po’ preoccupante che -a diverse ore di distanza- non si siano sentiti i pareri della politica nostrana, perché invece il Presidente della Bce, pur non citando mai l’Italia, sembra aver chiaramente parlato “a nuora perché suocera intenda”. Sono pronto a scommettere che domani, nel suo consueto editoriale domenicale su Repubblica, il suo buon amico Eugenio Scalfari ce ne darà “l’interpretazione autentica”.
In sostanza, il numero uno dell’Eurotower ha sostenuto che per combattere la disoccupazione non sono sufficienti le misure monetarie. Per Draghi serve una combinazione che le preveda, ma insieme con “misure fiscali e strutturali”. In particolare, servono “misure strutturali del mercato del lavoro, di quello dei prodotti ed azioni che migliorino nel complesso l’economia”. Lo riferisce TMnews.
In pratica, Draghi si rivolge ai vertici delle istituzioni europee ma, più specificamente, agli Stati membri della UE e, ancora più in particolare, ad alcuni di essi. Per il Presidente italiano della Bce si dovrebbe agire su due piani. In primo luogo, servono “politiche che permettano ai lavoratori che hanno perso il lavoro di ricollocarsi velocemente riducendo il periodo di disoccupazione”.
Questo risultato, secondo l’ex Governatore della Banca d’Italia, si può ottenere “con la contrattazione dei salari decentralizzata a livello locale, in modo da riflettere sia le condizioni locali del mercato del lavoro e sia la produttività”. Ma, soprattutto, serve “flessibilità” nel mercato del lavoro, per raggiungere questi risultati.
A questo punto, Mario Draghi ha fatto un esempio confrontando Irlanda e Spagna, con la prima che si è ripresa molto più rapidamente dalla crisi, soprattutto grazie ad una elevata flessibilità della manodopera, che ha dato margini alle imprese per risparmiare sul costo del lavoro.
La Spagna, al contrario, ha pagato pesantemente lo scotto dell’intoccabilità degli stipendi con una forte diminuzione dell’occupazione , almeno -ha aggiunto Draghi- fino al 2012, quando ha cambiato strada “introducendo flessibilità nel mercato del lavoro”.
Draghi, si diceva, non ha citato il nostro Paese, ma il discorso sembrava proprio tagliato su misura per noi che, al contrario della Spagna, in questo campo, di concreto non abbiamo fatto praticamente nulla. Oltretutto, i pessimi rapporti tra il Premier e le organizzazioni sindacali non sembrano prospettare passi in avanti ; a meno di un cambio di marcia radicale e decisionista da parte del Governo, al momento non ipotizzabile, tuttavia, stando alle diplomatiche dichiarazioni del Ministro del Lavoro Poletti.
Il discorso di Mario Draghi a Jackson Hone ha toccato poi la “seconda ricetta”, vale a dire la “combinazione di competitività sui costi con la specializzazione in attività ad alto valore aggiunto per aumentare le competenze”. Diversi anni fa, con un discorso del genere si sarebbe pensato all’Italia, che grazie al livello del suo settore manifatturiero ed all’eccellenza dei suoi prodotti, stava conquistando sempre più mercati. Ora, però, non è più così; e il Presidente della Bce ha, invece, citato la Germania, per i grandi successi raggiunti in questo settore.
Draghi ha poi spiegato che l’aumento della professionalità della forza lavoro “rende meno intensi i periodi di disoccupazione”. Il presidente della Bce ha evidenziato che questo “si riscontra nel fenomeno della disoccupazione giovanile (15-24 anni), passata dal 15% del 2007 al 24% del 2013. Nei fatti, i giovani meno qualificati rischiano di perdere l’accesso al mercato del lavoro”, ha concluso Mario Draghi.
Anche qui, nessun accenno all’Italia; che però, sostanzialmente, nello scenario rappresentato dal numero uno dell’Eurotower, sembra essere stata una sorta di “convitato di pietra” : in sostanza, un soggetto assente, al quale tutti pensavano, ma senza che nessuno osasse nominarlo direttamente.
Moreno Morando
(23 agosto 2014)
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