PREVENZIONE
Contagio da Hiv e Aids, diagnosi sempre più tardive: non si deve abbassare la guardia
Innalzamento delletà delle nuove diagnosi e quando sono già in fase avanzata. La prevenzione prima di tutto, il messaggio del ministro e le iniziative in occasione della Giornata mondiale di lotta all'Aids.
Nel mondo ci convivono circa 35 milioni di persone, una piaga che si contrasta con la prevenzione e sulla quale la medicina ha sviluppato terapie che offrono aspettative di vita impensabili rispetto a quelle di qualche decennio fa.
Secondo i dati del Centro operativo Aids dell'Istituto superiore di sanità (Iss) in Italia, il fenomeno del contagio da Hiv non sembra in diminuzione. E’ costante e si attesta sulle 3.806 nuove diagnosi ogni anno.
Aumenta l’età media che è 39 anni per i maschi e 36 per le femmine e – si legge sul sito del Ministero della Salute - più della metà delle nuove diagnosi avviene in fase avanzata quando i linfociti CD4 sono già bassi o quando sono già comparsi i primi sintomi.
Aumentano in Italia le diagnosi nei maschi che fanno sesso con maschi, questi costituiscono quasi la metà delle nuove diagnosi, mentre tra gli stranieri è quella eterosessuale la modalità di trasmissione più frequente.
Stabile ancora il numero dei casi di AIDS, che nel 2013 sono stati 1.016. Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2013 sono maschi nel 72,2% dei casi. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
Nel 2013, la maggioranza delle nuove diagnosi di Hiv è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’83,9% di tutte le segnalazioni (maschi eterosessuali 26,00% e femmine eterosessuali 18,5% MSM 39,4%). Nel 2013, il 24% delle persone diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna. Nel 2013, il 41,9% delle persone con una nuova diagnosi di Hiv ha eseguito il test per la presenza di sintomi Hiv-correlati, il 27,6% in seguito a un comportamento a rischio non specificato e il 15,1% per controlli specialistici legati alla riproduzione sia nella donna che nel partner (gravidanza, parto, interruzione volontaria della gravidanza e procreazione medicalmente assistita). Nel 2013, le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia e il Piemonte. L’incidenza più bassa è stata osservata in Calabria. Nella maggior parte delle regioni l’incidenza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv sembra avere un andamento stabile, anche se in alcune (Piemonte, Toscana, Abruzzo, Calabria) sembra essere in aumento e in altre si osserva un andamento in diminuzione (Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Trento, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Sardegna).
La Prevenzione cammina di pari passo con informazione ed i dati sono stati pubblicati oggi proprio in occasione della giornata mondiale della lotta all’Aids istituita per la prima volta nel 1988 per volontà dell'Organizzazione mondiale della sanità. Slogan di quest'anno è “Closing the gap in Hiv prevention and treatment”, (Riduci il gap tra prevenzione e trattamento dell'Aids).
Sul tema si è tenuto un convegno presso l’istituto Spallanzani di Roma il cui direttore scientifico ha riferito all’Ansa che “La situazione italiana è migliore di altri paesi, qui c'è accesso totale ai farmaci. Da noi però bisogna investire di più per raggiungere categorie a rischio come i tossicodipendenti e soprattutto gli omosessuali, che rappresentano la maggioranza delle nuove diagnosi”. “Serve un maggiore accesso ai test rapidi, anche al di fuori delle strutture sanitarie, in luoghi di incontro o con laboratori mobili - sottolinea Enrico Girardi, direttore dell'epidemiologia dell'Istituto -. Bisogna garantire che siano gratuiti e anche i medici di base devono cambiare atteggiamento. Prescrivere il test deve essere normale, come si fa ad esempio per l'epatite”.
Infine una riflessione: l’innalzamento dell’età delle nuove diagnosi e il fatto che siano effettuate quando si è già in fase avanzata, o addirittura quando sono già comparsi alcuni sintomi, potrebbe anche nascondere un aspetto terribile: un calo dell’attenzione, di prevenzione, di consapevolezza del rischio di infezione. Abbassare la guardia con un virus del genere non è possibile, anche se le terapie antiretrovirali stanno funzionando riuscendo a far diminuire i casi di Aids nei soggetti positivi all’Hiv, questo non deve assolutamente infondere un senso di appagamento, di rilassamento. Anzi. Da qui ancor più importante il messaggio del ministro Lorenzin: “Quella del contrasto all'Aids rappresenta una sfida globale, davanti alla quale non ci si può tirare indietro. In assenza di chiari segni di declino del numero delle diagnosi, l'Hiv continua ad essere un grave problema di salute pubblica non solo in Italia, ma anche in Europa”.
Giuseppe Bianchi
(1 dicembre 2014)
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