Scintille fra Grillo e Renzi
Dopo una serie di batti e ribatti, i grillini dicono si' a tutte le richieste del PD. Ma c'è il trucco.
In una giornata convulsa, cominciata con il rifiuto del PD di incontrarsi con il M5S e proseguita con una serie di pesanti accuse reciproche, alla fine i grillini hanno fornito la risposta scritta alle richieste avanzate dai democratici
Una volta, nella Prima Repubblica, quando non c’era lo streaming -ma non c’erano nemmeno politici come Renzi, Grillo e Berlusconi- dopo un confronto dove i vari leader se le erano dette di santa ragione, si usava fare un comunicato del tipo “c’è stato un dialogo franco fra le due parti ……..”e via di questo passo.
Ora i tempi sono cambiati ed in una giornata dove PD e M5S non si sono formalmente incontrati per il rifiuto opposto dai “dem” - in mancanza della risposta scritta dei grillini alle loro richieste-, in realtà le “due parti” si sono mandate a dire molte più cose di quante avrebbero potuto dirsene direttamente.
Ha cominciato Grillo con un “basta, PD sbruffoni”; mentre il più diplomatico Di Maio definiva “inaffidabili” i democratici, tenendo tuttavia sempre aperta la porta del dialogo e precisando che da questo momento “vogliamo parlare solo con Renzi”.
A quel punto interviene di nuovo Grillo con una serie di epiteti rivolti al Premier, tanto da rendere ogni confronto praticamente impossibile. Renzi , quindi, risponde ironicamente precisando : “io sarò un ebetino, dice Beppe, ma voi avete capito quali sono gli otto punti su cui sarebbero pronti a votare con noi? Poche chiacchiere!”, taglia corto il Presidente del Consiglio e segretario del PD.
Passa qualche ora ed il Movimento 5 Stelle cambia improvvisamente strategia : preceduta da una lunga precisazione di Beppe Grillo, che qualcuno valuta come una specie di “retromarcia”, ma che, sia quel che sia, è seguita poche decine di minuti dopo dalla tanto agognata risposta scritta richiesta dal PD, che viene pubblicata sul blog del leader dei pentastellati.
Le domande poste dalla delegazione PD riguardavano, in sintesi : il ballottaggio; premio di maggioranza non superiore al 15%; estensione dei collegi; verifica preventiva della legge elettorale da parte della Corte Costituzionale; modifica del Titolo V della Costituzione; diminuzione delle indennità di consigliere regionale e sindaco di comune capoluogo ed eliminazione di ogni forma di rimborso ai gruppi consiliari delle regioni; abolizione del CNEL; superamento bicameralismo perfetto; senatori espressione delle autonomie territoriali; soluzione “al tema dell’immunità che non diventi occasione di impunità”.
Ebbene la risposta a tutte queste domande del partito Democratico al M5S è stata un “sì per tutte e dieci”. Questo, almeno nella forma; perché, in realtà, nella sostanza tutte le risposte sono state corredate da argomentazioni nel merito, che tra una richiesta di chiarimento, qualche domanda, alcuni distinguo, molte riserve ed altro, in pratica, i pentastellati sembrerebbero realmente disponibili a discutere di ballottaggio e, a certe condizioni, di premio di maggioranza. Per tutto il resto, si tratta di risposte positive nella forma; ma assolutamente negative nella sostanza.
Si pensi alla riforma del Senato : il M5S è disponibile a rivedere il bicameralismo perfetto, ma i senatori devono essere elettivi. In sostanza, il contrario di quello che vuole Renzi!
Vedremo quale sarà la controreplica dei democratici, ma Renzi sa benissimo che non potrà mai riuscire a far passare la sua riforma grazie ai voti del M5S. Lui ormai ha deciso di puntare sull’asse con Berlusconi (e la Lega), per controbilanciare i voti che dovrebbero mancare da parte dei dissidenti interni del suo partito.
Intanto la riunione dei senatori PD è stata rinviata (Renzi aveva deciso di non partecipare) e questo farà sicuramente slittare i tempi previsti per l’esame ed il voto in aula. L’impressione è che Il Premier e segretario del PD intenda procedere senza curarsi molto della minoranza interna, pur sapendo che, in questo modo, dovrebbe essere quasi impossibile evitare il referendum popolare di cui all’art. 138 co. 2 della Costituzione.
Questo potrebbe voler dire che non ha paura dell’esito della consultazione; oppure che non esclude il ritorno alle urne nel giro di un anno.
Moreno Morando
(7 luglio 2014)
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