CORTE DI CASSAZIONE
L'Avvocato non guarda la pec: il dipendente licenziato perde la causa
Nel processo ormai telematico la pec decide le sorti del giudizio. La Suprema Corte non entra nel merito del licenziamento e chiude in via tombale il processo.
La sezione lavoro di Piazza Cavour con sentenza n. 15070/2014 ha confermato la decisione della Corte d’appello di Reggio Calabria, che ha dichiarato improcedibile l’appello contro il giudizio favorevole in primo grado a favore di una banca che aveva licenziato un dipendente.
All’udienza di comparizione era comparso l’avvocato del lavoratore licenziato (che si trovava li per discutere altre cause), il quale precisava di non aver ricevuto alcuna comunicazione, chiedendo per questo motivo un nuovo termine per effettuare la notifica alla controparte dell’atto di appello e del decreto di comparizione.
L’avvocato non era ancora in possesso della password di accesso alla PEC, nonostante questa gli fosse stata rilasciata qualche giorno prima del deposito in cancelleria dell’atto di appello (ove era stata indicata). Per questi motivi riteneva che la comunicazione effettuata dall’ufficio giudiziario fosse invalida perché non accompagnata da comunicazione cartacea attraverso l’ufficiale giudiziario o via fax.
La Cassazione ha chiarito quali siano gli aspetti normativi della disciplina del processo civile telematico da prendere in considerazione. In particolare si è posto l’accento sull’art. 136 del Codice di procedura civile (recentemente modificato dall’art. 25 della L. n. 183/2011) che abilita i cancellieri ad effettuare le comunicazioni alle parti “a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa anche regolarmente, concernente la sottoscrizione, la trasmissione dei documenti informatici”.
Pertanto “una volta ottenuta da parte dell’ufficio giudiziario interessato la prescritta abilitazione, ogni avvocato, dopo la comunicazione del proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia attraverso il Consiglio dell’Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria PEC, nel senso che se non la apre ne risente le conseguenze”.
Nella vicenda in esame, la trasmissione era andata a buon fine perché la Corte d’appello di Reggio Calabria era stata abilitata all’utilizzazione di tale sistema già dall’inizio del 2012, quindi l’inconveniente lamentato è dipeso esclusivamente dall’avvocato disattento.
Fonte: Corte di Cassazione
Gianmarco Sadutto
(3 settembre 2014)
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