Consiglio di Stato
Gli accordi tra P.A. non sono soggetti al Codice degli Appalti e alle direttive UE
Piena legittimità, se nei contratti, convenzioni od intese il corrispettivo è forfettario a copertura delle spese vive sostenute. Il parere del Presidente Santoro del 22.4.2015 n. 1178.
Sulla base di tali premesse l’Agenzia, alla luce della recente evoluzione dei principi e degli orientamenti normativi e giurisprudenziali affermatisi in sede comunitaria sui temi della cooperazione “istituzionalizzata/verticale” e “non istituzionalizzata/orizzontale”, chiede in definitiva al Consiglio di Stato di conoscere se e quali siano le forme di cooperazione tra amministrazioni che possano ritenersi escluse dall’ambito di applicazione della normativa europea in tema di appalti pubblici, e dunque dalla necessità di esperire preventivamente una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio.
Il Presidente Santoro della Seconda Sezione del Consiglio di Stato nel parere n. 1178 del 22.4.2015 ha ritenuto che in linea di principio, non sono soggetti alle direttive appalti e sono dunque legittimi, gli accordi tra pubbliche amministrazioni, anche se appartenenti ad ordinamenti autonomi e/o in rapporto di reciproca indipendenza, finalizzati alla cooperazione cd. non istituzionalizzata/orizzontale, come quelli che l’Agenzia del demanio ha stipulato ovvero si ripromette di concludere con vari enti ed organi, riconducibili indifferentemente all'amministrazione statale centrale o periferica o ad altri enti territoriali minori.
Dopo ampia e puntuale ricostruzione della normativa comunitaria e nazionale nonché della corrispondente giurisprudenza, il Supremo Consesso ha concluso per l’esclusione dal codice dei contratti e dalle direttive UE, e per la piena legittimità, senza riserva alcuna, di accordi, convenzioni e contratti di servizi tra l'Agenzia del demanio ed ogni altro soggetto pubblico, tra i quali le amministrazioni statali centrali e periferiche e gli enti territoriali, nonché ogni ente pubblico o società per azioni (sempreché totalmente in mano pubblica), finalizzati alla gestione e valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari.
Si legge nel parere che "Il fine comune di tali amministrazioni nel perseguire questi obiettivi, a ben vedere, prescinde totalmente dalla natura demaniale o patrimoniale dei beni oggetto delle convenzioni, ed è piuttosto ravvisabile nell’esigenza pubblicistica di valorizzare economicamente e socialmente il territorio attraverso il miglior utilizzo degli immobili la cui realizzazione è una delle più idonee premesse per il risanamento dei conti pubblici, come anche prefigurato nel decreto cd. “sblocca Italia”.
Tale conclusione, precisa il Consiglio di Stato, vale solo laddove "l’eventuale trasferimento di risorse a favore dell’Agenzia resti, come da questa espressamente dichiarato nella richiesta di parere, entro i ristretti limiti del riconoscimento di un corrispettivo forfettario a copertura delle spese vive sostenute".
Da ultimo il Presidente Santoro indica alcuni esempi quali le convenzioni e gli accordi in aventi ad oggetto le varianti urbanistiche finalizzate al mutamento di destinazione d’uso degli immobili, per assicurare la più idonea valorizzazione del patrimonio pubblico mediante accordi di programma in funzione di variante urbanistica, e/o l’alienazione, concessione o costituzione del diritto di superficie sugli immobili, in tal modo preferendo più opportunamente la valorizzazione del bene pubblico piuttosto che la sua pura e semplice dismissione.
Od ancora, sempre a titolo di esemplificativo, si fa riferimento alle "convenzioni e agli accordi tra i soggetti pubblici in questione aventi ad oggetto la cooperazione, a vario titolo, alle operazioni di vendita o locazione attiva (previa gara o procedure speciali di alienazione, ad es. come quelle previste nell’art. 1, commi 436, 437 e 438 della L. 30 dicembre 2004 n. 311; nella L. 23 novembre 2001 n. 410; nei RR.DD. 18 novembre 1923 n. 2440 e 23 maggio 1924 n. 827, e s.m.i.), oppure di acquisto o locazione passiva di immobili, secondo le disposizioni degli artt. 19 lett. a) e 27 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici), mediante affidamenti che, pur restando esclusi dall'ambito di applicazione oggettiva del medesimo codice (sempreché non integrino in tutto o in parte anche delle concessioni di servizi), siano preceduti da uno o più inviti ad almeno cinque concorrenti, rispettando al contempo i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, il tutto in accordo con gli standard internazionali applicati tra l’altro dall’Agenzia delle Entrate anche in ordine ai valori immobiliari da attribuire alle operazioni eseguite".
La Direzione
(22 aprile 2015)
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