Danno erariale
Impossibile essere giudicati due volte per gli stessi fatti davanti alla Corte dei Conti?
Il principio del nè bis in idem. Una precedente "archiviazione" non impedisce una nuova citazione.
La Procura della Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio, ha citato in giudizio il dirigente p.t. del servizio sociale di un Comune laziale (oltre al relativo assessore al ramo) per sentirlo condannare (in solido con il politico) al risarcimento del danno erariale di euro 241.018,18, composto da un danno “da tangente” pari ad euro 100.600,00 e dal pagamento di un debito fuori bilancio di euro 140.418,18.
Secondo la tesi accusatoria il predetto danno era ricollegabile, quanto al danno da tangente (euro 100.600,00), a presunte irregolarità nella predisposizione, aggiudicazione e gestione della gara di appalto per la fornitura di pasti destinati alle mense scolastiche e, in ordine al danno di euro 140.418,18, al pagamento di un debito fuori bilancio costituito da transazioni e pagamenti di onorari di avvocati per inadempimenti contrattuali da parte della ditta appaltatrice nei confronti di fornitori e dipendenti.
Più precisamente, si contestava al dirigente e all’assessore di aver illegittimamente adottato (o indotto ad adottare) la determinazione di aggiudicazione definitiva dell’appalto mense scolastiche a favore della ditta che poi è stata incaricata di svolgere il servizio.
In via preliminare, il dirigente ha eccepito la decadenza dell’azione della Procura ex art. 5 del d.l. n. 453/1993, consistente nel fatto che, anteriormente all’atto di citazione introduttivo del giudizio, la Procura stessa gli aveva notificato (il 23.11.2009) un precedente invito a dedurre sugli stessi fatti poi contestati, conclusosi con l’archiviazione: per cui l’atto di citazione successivo sarebbe inammissibile avendo l’Organo requirente esaurito l’esercizio dell’azione, il cui rinnovo non era giustificato da alcun novum sopravvenuto, atteso che l’esistenza di un procedimento penale (per corruzione e a carico degli stessi soggetti) era già conosciuta dalla Procura al momento della notifica del primo invito a dedurre.
Il Collegio chiamato a giudicare, ha stabilito, con sentenza n. 228 del 22 aprile 2015, l’infondatezza dell’eccezione. La Corte ha infatti premesso che il divieto del ne bis in idem, cioè dell'impossibilità di giudicare un medesimo soggetto per gli stessi fatti per i quali è stato già destinatario di una pronuncia giurisdizionale, costituisce principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico operante in ogni tipo di processo.
Ma l’operatività del principio è legata, appunto, alla preesistenza di una pronuncia (passata in giudicato) che faccia stato sulla causa petendi e sul petitum della domanda introduttiva del giudizio, che cioè abbia un contenuto decisorio nel merito della domanda attorea.
Poiché nella specie non vi è stata alcuna pronuncia sulla dedotta responsabilità del convenuto, il Procuratore regionale, nei limiti del termine di prescrizione entro il quale poteva esercitare la propria azione (nella specie rispettato), ben poteva reiterare l’iniziativa di evocare in giudizio il convenuto senza incorrere nel divieto del ne bis in idem (Cass. n. 14057/2008, n. 15578/2006, Sez. Lazio n. 312/2014).
Per la cronaca, i due convenuti sono stati ritenuti responsabili del danno erariale procurato all’Ente e, quindi, nei loro confronti è stata pronunciata sentenza di condanna al risarcimento, in conformità alla richiesta accusatoria.
Rodolfo Murra
(30 aprile 2015)
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