Consiglio di Stato
Il Sindaco con ordinanza ordinaria può sanzionare l'occupazione abusiva di suolo pubblico
Le sentenze del 27 marzo 2015 n. 1622 e n. 1611 emesse dalla Quinta Sezione sulla problematica dell'indebita occupazione di spazio pubblico dei ristoratori con tavoli, sedie, poltroncine, piante, ombrelloni e portamenu'.
Le cronache degli ultimi anni hanno dato grande spazio al fenomeno dell’occupazione abusiva di suolo pubblico, da parte di titolari di esercizi commerciali. Problema che, spessissimo, ha anche portato a numerose segnalazioni alle autorità competenti da parte di semplici cittadini ed associazioni impegnate nella tutela del territorio, soprattutto nelle città a grande vocazione turistica e di particolare pregio storico, artistico ed architettonico.
La normativa in materia (art. 3, comma 16, della legge 15 luglio 2009, n. 94) stabilisce che “nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico” previsti dall’art 633 del codice penale e dal nuovo codice della strada (art. 20), il sindaco per le strade urbane ed il prefetto per quelle extraurbane o, quando ricorrano motivi di sicurezza pubblica, possono ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fini di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento, per un periodo non inferiore a 5 giorni. Inoltre il Codice della Strada prevede altresì una sanzione amministrativa da euro 168 ad euro 674.
A Roma, già a far data dal 2012, il Sindaco, per fronteggiare il crescente fenomeno di occupazione abusiva di suolo pubblico da parte dei titolari di esercizi commerciali, ha disposto con apposita ordinanza generale che i dirigenti degli uffci dell'amministrazione procedano a sanzionare tale modus operandi anche applicando la sanzione della chiusura dell'attività commerciale per le occupazioni abusive accertate nelle zone storiche della Città eterna.
Tanto è capitato ad un ristoratore romano che è giunto sino al Consiglio di Stato per tentare di farsi annullare il provvedimento dirigenziale con il quale veniva disposta “l’immediata rimozione dell’occupazione di suolo pubblico antistante l’attività commerciale” con l’obbligo di provvedere al ripristino dei luoghi, oltre alla chiusura dell'esercizio per cinque giorni.
Nel caso specifico, l’occupazione abusiva aveva riguardato 2,72 mq sui quali erano stati collocati tavoli e sedie oltre ad altri 0,84 mq per piante e portamenù, per un totale di 3,56 mq di suolo pubblico delimitato dal perimetro del sito Unesco.
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza del 27 marzo 2015, n. 1622 ha respinto l'appello sottolineando come la norma attribuisca al sindaco una facoltà discrezionale di chiusura dell’attività commerciale, peraltro applicata nel caso di specie nella misura minima e all’esito di una complessiva comparazione degli interessi rilevanti, dalla quale emerge la ragione di tutela del territorio comunale a giustificazione della sanzione.
È stato, altresì, inutile per il ristoratore sostenere l'avvenuta “violazione dei principi che stanno alla base della liberalizzazione delle attività economiche”. Infatti, nel caso specifico, il Collegio ha ritenuto che lo svolgimento di attività commerciali in maniera non conforme alle regole di disciplina, e in particolare di uso del territorio, giustificasse l’applicazione della sanzione della chiusura, per un periodo limitato, del relativo esercizio commerciale.
L’appellante aveva anche sostenuto che il sindaco non avrebbe potuto adottare l’atto impugnato, perché mancavano i requisiti della contingibilità ed urgenza, indispensabili - secondo la difesa - perché queste ordinanze possano essere ritenute legittime.
Al contrario, secondo il Consiglio di Stato, è conforme a Costituzione “la previsione normativa attributiva di un potere sindacale ordinario che contenga sia il fine pubblico da raggiungere (cosiddetta legalità-indirizzo) sia contenuto e modalità di esercizio del potere (cosiddetta legalità-garanzia)". In sostanza, nel caso di specie, il sindaco poteva esercitare il potere di ordinaria amministrazione, anche in difetto del requisito della necessità e dell’urgenza.
Da qui la legittimità del provvedimento dirigenziale, in quanto atto successivo - con valenza meramente esecutiva - di un ordine puntuale adottato dall'organo competente.
Analoga sorte, peraltro, ha subito un altro ristoratore che aveva occupato il suolo pubblico con tavoli, sedie, poltroncine, n. 4 ombrelloni raccordati tra di loro con teli e sorretti da una barra metallica trasversale ancorata a due sostegni laterali, il tutto delimitato da fioriere con piante a dimora, per una superficie addirittura complessiva di 140,00 mq senza essere in possesso della relativa concessione. Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza del 27.3.2015, n. 1611 ha rigettato il ricorso sulla base delle identiche motivazioni sopra esposte contenute nella sentenza n. 1622/2015.
Moreno Morando
(31 marzo 2015)
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