Corte di Cassazione
Per la corruzione elettorale basta la sola promessa
Qualsiasi cittadino, anche senza l'intervento del candidato politico, può commettere il reato di corruzione elettorale.
Due collaboratori di giustizia, esponenti di spicco in una cosca 'ndranghetista, avevano riferito agli inquirenti che l'indagato aveva organizzato nel proprio studio due incontri per procurare voti elettorali ad un candidato alle elezioni calabresi. Nel corso degli incontri, peraltro, i due malavitosi avevano conosciuto anche il candidato al quale erano stati presentati come amici che potevano aiutarlo nella campagna elettorale.
Dalle dichiarazioni emergevano le finalità agevolative perseguite dall'indagato nell'organizzare e nel dirigere l'incontro, ma non consentivano di ritenere integrato il reato a carico del candidato alla competizione elettorale in quanto non veniva provato che quest'ultimo nel partecipare alla riunione avesse promesso ai suoi interlocutori benefici o altre utilità.
Entrambi i collaboratori avevano riferito che era stato il solo indagato, in separata sede ed in assenza del politico, ad esplicitare che era necessario attivarsi in favore del candidato per ottenere appalti e commesse nel settore della sanitá.
Il reato ascritto al ricorrente e' quello di corruzione elettorale previsto dall’art. 86 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 che dispone: "chiunque, per ottenere, a proprio od altrui vantaggio, la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, il voto elettorale o l’astensione, dà, offre o promette qualunque utilità ad uno o più elettori, o, per accordo con essi, ad altre persone, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da lire 3.000 a lire 20.000, anche quando l’utilità promessa sia stata dissimulata sotto il titolo di rimborso spese o servizi elettorali. La stessa pena si applica all’elettore che, per dare o negare la firma o il voto, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità."
L'indagato veniva raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere contro la quale ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che, ai fini dell'integrazione del reato, e' necessaria la presenza del politico e del destinatario, essendo a suo avviso impossibile che unico responsabile venga individuato nell'intermediario e, quindi, sarebbe necessaria la presenza di almeno due persone.
La Prima Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza depositata in data 11 agosto e' intervenuta, quindi, a chiarire se il reato di corruzione elettorale possa essere commesso da un solo soggetto o sia necessaria la partecipazione di colui che si presenta alla competizione elettorale.
La Suprema Corte ha risolto il quesito precisando che il delitto previsto dall’art. 86 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 - integrante un’ipotesi di cosiddetta “corruzione elettorale” - non è un reato a concorso necessario e, quindi, per la sua configurabilità è sufficiente la sola promessa di utilità da parte del corruttore, la quale si atteggia come promessa del fatto del terzo e, conseguentemente, impegna solo chi la effettua.
La norma contempla due distinte ipotesi criminose: l'una a carico del candidato o di chi agisca a suo vantaggio, il quale per procurarsi il voto od altro vantaggio elettorale offre o promette agli elettori utilità di qualsiasi natura; l'altra a carico dell'elettore il quale per rendere favori elettorali accetta denaro od altra utilità.
Mentre il reato di corruzione in generale e' configurabile in presenza di un pubblico ufficiale, la corruzione elettorale e' un delitto comune che può essere commesso da chiunque. Infatti, anche se in molti casi può essere lo stesso soggetto politico candidato alle elezioni che realizza personalmente la condotta criminosa, nulla esclude che l'intervento correttivo sia posto in essere da un qualsiasi cittadino, che abbia un interesse proprio ad influenzare la competizione elettorale. Nel primo caso il candidato agirà a proprio vantaggio, nel secondo caso l'intervento sarà attuato a vantaggio altrui.
Sulla base di tali premesse la Corte ha rigettato la tesi del ricorrente il quale pretendeva affermare che l'intervento del politico e' sempre necessario per adempiere l'utilità promessa quando questa consista nell'aggiudicazione di appalti.
Per realizzare il reato, precisa la Corte, e' sufficiente la sola promessa di utilità e, quella del corruttore si atteggia come promessa del fatto del terzo che impegna solo chi la effettua. E', pertanto, corretta l'applicazione della norma al ricorrente che aveva organizzato nel proprio studio due incontri con esponenti di una cosca al fine di procurare il voto elettorale ad un candidato alle elezioni regionali promettendo in cambio utilità.
Enrico Michetti
Fonte: Corte di Cassazione
La Direzione
(17 agosto 2014)
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