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Anticorruzione

Inconferibilità di incarichi amministrativi: Atto di Segnalazione a Governo e Parlamento

L'Autorità ha formulato alcune proposte di modifica, a seguito delle antinomie riscontrate nella normativa in vigore.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, sul sito istituzionale, comunica di aver inviato a Governo e Parlamento l’atto di segnalazione n. 6, del 23 settembre 2015, riguardante: “Proposte di modifica alla disciplina in tema di inconferibilità di incarichi “amministrativi”, per condanna penale, contenuta nel d.lgs. n. 235/2012 e le antinomie rispetto alle previsioni in tema di inconferibilità, per condanna penale, previste dal d.lgs. n. 39/2013.

Il provvedimento in esame è stato approvato dal Consiglio dell’Autorità nella seduta del 23 settembre scorso, depositato in segreteria il 7 ottobre e pubblicato sul sito istituzionale dell’A.N.AC. il 14 ottobre 2015.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, in premessa, sottolinea che intende formulare delle osservazioni in merito ad alcune disposizioni contenute nel d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (“Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190”).

Infatti, l’A.N.AC. precisa che dall’attività di vigilanza svolta in seguito a segnalazioni pervenute, è emerso che il predetto decreto 235 contiene norme applicabili a fattispecie disciplinate – peraltro in modo difforme – anche dal decreto 39.

Pertanto, al fine di superare le antinomie attualmente esistenti potrebbe essere utile apportare delle modifiche dirette a definire più chiaramente l’ambito di applicazione dei due decreti legislativi, fermo restando tutto quanto già evidenziato con l’atto di segnalazione del 10 giugno 2015, n. 4, in ordine all’opportunità di coordinare le ipotesi di inconferibilità per condanna anche non definitiva di cui all’art. 3 del decreto 39, con le ipotesi di sospensione dalla carica politica di cui al decreto 235.

Dopo aver ampiamente illustrato, al punto 1, il quadro normativo di riferimento, l’A.N.AC. ha trattato il tema delle “antinomie esistenti e la soluzione interpretativa applicata dall’Autorità”.

Pur avendo ad oggetto le cariche elettive e di governo, anche il decreto 235 contiene delle disposizioni concernenti il conferimento di incarichi amministrativi, al pari del decreto 39.

Infatti, in tema di incandidabilità alle cariche elettive regionali, l’art. 7 prescrive che coloro che siano incorsi in una condanna per uno dei reati considerati non possono partecipare alla competizione elettorale, ne tantomeno possono ricoprire le cariche di «[…] amministratore e componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali».

Anche con riferimento alle cariche elettive degli enti locali, l’art. 10, co. 1, del decreto 235 configura per i soggetti condannati in via definitiva per i reati indicati, oltre al divieto di partecipare alle elezioni, anche l’inconferibilità di incarichi, inclusi quelli di «[…] presidente del consiglio di amministrazione dei consorzi, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’art. 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».

Le richiamate disposizioni, per l’Autorità si pongono evidentemente in conflitto con la disciplina del decreto 39, che all’art. 3, co. 1, definisce “amministrativi” gli incarichi di “amministratore di ente pubblico” (lett. b), e quelli di “amministratore di ente privato in controllo pubblico” (lett. d).

La contestuale applicabilità alle medesime fattispecie delle due diverse discipline è ancor di più determinata per effetto di quanto previsto dal co. 2 dell’art. 7 e dal co. 2 dell’art. 10 del decreto 235, in forza dei quali è anche vietato il conferimento di qualsiasi altro incarico per cui l’elezione o la nomina è di competenza rispettivamente:

«[…] del consiglio regionale, della giunta regionale, dei rispettivi presidenti e degli assessori regionali», «[…] del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale; della giunta provinciale o del presidente, della giunta comunale o del sindaco, di assessori provinciali o comunali».

Si tratta, in buona sostanza, di clausole generali, in base alle quali agli organi politici regionali e locali è precluso il conferimento di tutti gli incarichi – anche quelli definiti amministrativi dal decreto 39 – se l’interessato ha subito una condanna definitiva per tutti i reati elencati nel decreto 235; in questi casi, l’eventuale assegnazione dell’incarico è nulla.

Le antinomie rilevate nell’ambito della attività di vigilanza derivano evidentemente dalle sostanziali differenze che vi sono tra i due regimi delle inconferibilità.

Infatti, mentre le conseguenze di cui al decreto 39 si hanno solo in caso di condanna per reati dei pubblici funzionari contro la pubblica amministrazione e con gli altri limiti previsti nel decreto, le inconferibilità del decreto 235 si applicano a tutti gli incarichi amministrativi che siano conferiti dagli organi elettivi o di governo delle regioni e degli enti locali, in ragione di condanne per un maggior numero di delitti e senza alcuna graduazione della durata della preclusione, in proporzione alla pena.

La soluzione interpretativa che è stata proposta dall’Autorità come criterio generale per la risoluzione delle difficoltà applicative rilevate è contenuta nella deliberazione n. 54 del 1° luglio 2015.

Tenuto conto che l’oggetto del decreto 235 è l’incandidabilità/inconferibilità delle cariche “politiche” mentre quello del decreto 39 è l’inconferibilità degli incarichi “amministrativi”, nel citato provvedimento si è concluso che il decreto 39 deve sempre ritenersi applicabile a tutti gli incarichi definiti dallo stesso amministrativi, superandosi per questi il criterio della competenza soggettiva al conferimento (organo di indirizzo politico), previsto dal primo.

Infatti, la disciplina contenuta nel decreto 39, in quanto speciale – oltre che successiva rispetto in particolare a quella del decreto 235 – può ritenersi prevalente in tutti i casi di possibile sovrapposizione con altre discipline difformi.

Conseguentemente, poiché nel caso esaminato si trattava del conferimento da parte di un sindaco di un incarico amministrativo, soggetto certamente alla disciplina del decreto 39, l’Autorità ha escluso la sussistenza di un’ipotesi di inconferibilità, in quanto il delitto per il quale l’interessato aveva ricevuto la condanna non rientrava fra quelli del capo I del titolo II del libro II del codice penale.

Applicando lo stesso criterio, per l’A.N.AC. potrebbe ritenersi che sono sicuramente soggetti alla disciplina del decreto 39 gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali (art. 3, co. 1, lett. a) e gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale (art. 3, co. 1, lett. c).

Restano, invece, soggette alla disciplina del decreto 235 – in quanto non comprese nell’ambito di applicazione del decreto 39 – le cariche di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’art. 114 del decreto 267, presidente e componente degli organi delle comunità montane.

Il Consiglio dell’Autorità ha poi affrontato il tema della “insufficienza delle soluzioni ermeneutiche”, ritenendo necessarie alcune modifiche normative.

Per saperne di più:

vai al testo integrale dell’Atto di Segnalazione

 

Moreno Morando

(15 ottobre 2015)

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