LA BELLA ITALIA - ARTE
La Scuola di Atene - Raffaello
L'affresco rappresenta i più celebri filosofi e matematici dell'antichità intenti nel dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva.
La Scuola di Atene è un affresco (770×500 cm circa) di Raffaello Sanzio, databile al 1509-1511 e situato nella Stanza della Segnatura, una delle quattro "Stanze Vaticane", poste all'interno dei Palazzi Apostolici. Rappresenta una delle opere pittoriche più rilevanti dello Stato della Città del Vaticano, visitabile all'interno del percorso dei Musei Vaticani.
Storia
Dopo essersi insediato, papa Giulio II, manifestò presto il desiderio di non utilizzare gli appartamenti del suo predecessore, Alessandro VI, scegliendo quindi altre stanze al piano superiore realizzate al tempo di Niccolò VI e Pio II a metà del XV secolo, quando furono decorate da artisti del centro Italia tra cui Piero della Francesca.
Giulio II volle ridecorarle e chiamò a lavorare un gruppo eterogeneo di artisti, ai quali si aggiunse, negli ultimi mesi del 1508, Raffaello Sanzio. Colpito dalle prove del pittore urbinate, il papa decise di affidargli l'intera decorazione degli appartamenti, distruggendo tutto quello fatto in precedenza. Vasari riferisce che Raffaello fu molto dispiaciuto di dover distruggere le parti dipinte da Piero della Francesca, di cui non conosciamo il soggetto.
La Stanza della Segnatura, tra le future Stanze di Eliodoro e dell'Incendio di Borgo, fu la prima ad essere decorata, con un tema legato all'ordinamento ideale della cultura umanistica, divisa in teologia, filosofia, poesia e giurisprudenza, a ciascuna delle quali è dedicata una parete.
Tale disposizione ha fatto pensare che la stanza fosse originariamente destinata a biblioteca e studiolo privato del pontefice, anche se non vi sono documenti in tale senso. Fin dal suo completamento vi si insediò infatti il Tribunale della "Segnatura Gratiae et Iustitiae", che le diede il nome.
La decorazione pittorica si avviò dalla volta, per proseguire poi alla parete est, dove venne raffigurata la Disputa del Sacramento e quella ovest della Scuola di Atene. Raffaello e i suoi aiuti vi attesero nel corso dal 1509 al 1510.
Non è chiaro quanto fu frutto della fantasia e della cultura dell'artista e quanto venne invece dettato dal papa e dai suoi teologi. Sicuramente Raffaello venne coadiuvato nella definizione del tema, ma è altresì risaputa la straordinaria fama che circondava l'artista, pienamente inseritosi nell'ambiente colto della curia romana da venire più volte esaltato dai letterati.
Durante il sacco di Roma gli affreschi della Stanza della Segnatura, come anche altre opere d'arte subirono danni dai soldati luterani che accesero fuochi il cui fumo danneggiò gli affreschi e tracciarono scritte incise sulla fascia basamentale che vennero coperte da ridipinture seicentesche.
Descrizione e stile
La Scuola di Atene esalta la ricerca razionale. L'affresco, inquadrato da un arco dipinto, rappresenta i più celebri filosofi e matematici dell'antichità intenti nel dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva.
Le figure sono disposte sostanzialmente su due piani definiti da una larga scalinata che taglia l'intera scena. Un primo e più numeroso gruppo è disposto ai lati di una coppia centrale di figure che conversano, identificate in Platone e Aristotele.
Un secondo gruppo autonomo, in cui sono stati individuati i pensatori interessati alla conoscenza della natura e dei fenomeni celesti, è disposto in primo piano sulla sinistra, mentre di un terzo, anch'esso indipendente, ristretto e disposto simmetricamente al secondo, è di difficile l'identificazione dell'ambito intellettuale, nonostante gli sforzi degli studiosi; indizio è la presenza di una figura identificata in Euclide (o Archimede, sotto le sembianze di Donato Bramante) intento a tracciare una dimostrazione geometrica.
Personaggi
Le cinquantotto figure presenti nell'affresco hanno sempre sollecitato gli studiosi circa la loro identificazione. I gruppi si articolano dinamicamente concatenando gesti ed espressioni, e rispettando una certa gerarchia simbolica che non irrigidisce però mai la rappresentazione, che appare sempre sciolta e naturale.
A vari personaggi Raffaello affidò le effigi di artisti contemporanei, compreso se stesso, come per ribadire la nuova, orgogliosa autoaffermazione di dignità intellettuale dell'artista moderno.
Platone e Aristotele
I due principali filosofi dell'antichità, Platone e Aristotele, si trovano al centro della composizione, vicino al punto di fuga, situato tra i due quasi a volere indicare che il vero abbia caratteristiche sintetiche, di conciliazione tra quelle già intuite dall'uno e l'altro, quali figure fondamentali per lo sviluppo del pensiero occidentale.
L'occhio dello spettatore è inevitabilmente direzionato su queste figure per le linee del pavimento e la fuga dell'edificio, nonché per l'isolamento offerto dalla cornice di cielo racchiusa dall'arco sullo sfondo.
Platone, raffigurato con il volto di Leonardo da Vinci, regge il Timeo e solleva il dito verso l'alto a indicare Il Bene (l'Idea delle Idee, l'Uno) e sottintendere che l'oggetto della ricerca filosofica è l'idea di Bene (che si raggiunge appunto nel pensiero, oltre le cose, metaforicamente nella sfera celeste), secondo un processo che va dalla percezione delle cose sensibili (mediante i sensi) a un pensiero intorno a ciò che le cose sono in verità, oltre le apparenze (mediante l'intellezione);
Aristotele invece, il cui volto sembra essere quello del maestro di prospettive Bastiano da Sangallo, regge l'Etica Nicomachea e distende il braccio destro tenendolo sospeso a mezz'aria, per indicare il processo opposto e complementare a quello indicato da Platone, ovvero sia il ritorno dal mondo intellegibile (del pensiero), nel quale si è trovata l'idea di Bene, al mondo sensibile (la realtà apparente), per applicare tale idea mediante questa nuova Etica, oggettivamente fondata, di modo da trasformare la realtà e farla divenire il più possibile ideale (vicina all'idea).
Lo stesso Platone indica questi due processi (quello ascensionale, mistico, che dalle forme va al contenuto, e quello discensionale, politico, che dal contenuto va alle forme per trasformarle) come presupposto fondamentale del pensiero, e tale complementarità è bene esplicitata dal mito della caverna (Repubblica, libro VII), nel quale il prigioniero della caverna (metaforicamente l'uomo, prigioniero delle sue impressioni sensibili) riesce a liberarsi e a vedere il sole (il Bene), e una volta scoperta l'esistenza di un mondo al di fuori della caverna ritorna a liberare i suoi compagni di prigionia (la società), affinché si possa vivere tutti insieme alla luce del sole.
L'essenza delle due teorie è, come si è visto, prossima alla sovrapposizione, in particolare secondo le idee del neoplatonismo rinascimentale e di Pico della Mirandola, tutte idee che Raffaello teneva bene presenti, in virtù anche della coscienza (neoplatonica ed esoterica) dell'unicità del vero, e delle varie visioni del mondo come discorsi (più o meno corretti) intorno allo stesso oggetto.
L'essenza delle loro dottrine è quindi racchiusa in semplici gesti eloquenti, una delle caratteristiche più straordinarie dell'arte di Raffaello: a questo si riferiva probabilmente Vasari quando scriveva che il Sanzio «fu alla composizione delle storie così facile e pronto che gareggiava con l'efficacia della parola scritta
Nella raffigurazione dei due filosofi è stato visto, fin dal XVI secolo, anche un parallelismo con i due apostoli Pietro e Paolo.
Platone e Aristotele rappresentano i due principali poli di aggregazione delle altre figure, raffigurando in qualche modo la complementarità tra scuola platonica e scuola aristotelica.
Questa impostazione gerarchica riflette le convinzioni del neoplatonismo dell'epoca, spiegando la posizione relativamente marginale di Socrate e l'assenza degli ultimi sviluppi del pensiero classico, come gli stoici.
Gruppi di sinistra
Mentre il centro della scena è interessato dalla fuga prospettica, i lati, sullo sfondo dell'architettura in primo piano, mostrano un rallentamento del movimento, anche grazie alla scansione orizzontale dei quattro gradini.
Ciò permette di individuare più chiaramente i gruppi. Tra i filosofi rappresentati alcuni sono chiaramente riconoscibili per lo specifico ruolo che assumono nella composizione o per specifici attributi iconografici (come Diogene o Socrate), mentre di altri l'identità è più o meno controversa.
A sinistra di Platone, girato verso un gruppo di giovani e con una tunica verde bottiglia, si trova Socrate, la cui identificazione è resa sicura dai tratti fisiognomici ripresi dai busti marmorei del filosofo giunti dall'epoca classica. Tra i giovani davanti a lui si sono riconosciuti Alcibiade o Alessandro Magno, armato, Senofonte ed Eschine (o Alcibiade).
All'estrema sinistra, attorno alla base di una colonna, Zenone di Cizio vicino a un fanciullo, che regge il libro letto secondo alcuni da Epicuro incoronato di pampini di vite.
Pitagora è seduto più avanti, in primo piano, mentre legge un grosso libro e forse Telauge gli regge una tavoletta. Nella tavoletta si leggono segni simbolici, riprodotti anche dallo Zarlino, che sono stati visti come schemi delle concordanze musicali, cioè la suddivisione tipicamente pitagorica dell'ottava musicale e la forma simbolica della Tetraktys.
Dietro di lui Averroè col turbante, che si china verso di lui, e un vecchio che prende appunti, identificato con Boezio o Anassimandro o Senocrate o Aristosseno o ancoraEmpedocle.
Davanti si trovano un giovane in piedi di controversa identificazione e Parmenide o Aristosseno. Verso il centro Eraclito, isolato, poggia il gomito su un grande blocco.
Il personaggio sulla sinistra, di fianco a Parmenide, dai tratti efebici, biancovestito e con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, è di identificazione controversa, anche se una identificazione generalmente accettata è quella di Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino e nipote del papa Giulio II, che all'epoca del dipinto si trovava a Roma e ai cui servigi Raffaello doveva forse la venuta a Roma.
Gruppi di destra
Il gruppo a destra di Aristotele è di difficile interpretazione. L'uomo stante, vestito di rosso, dovrebbe essere Plotino, in silenzioso isolamento. Al centro sta sdraiato sui gradini Diogene, con i chiari elementi iconografici (l'abito lacero e l'atteggiamento di ostentato disprezzo del decoro e la ciotola).
In primo piano si trova un gruppo centrato su Euclide (secondo alcuni studiosi si tratterebbe diArchimede, in ogni caso la figura è raffigurata con le sembianze del Bramante), intento a enucleare un teorema tracciando figure geometrice, attorniato da allievi; alcuni decori sulla sua tunica sono stati interpretati come la firma di Raffaello ("RVSM": "Raphaël Urbinas Sua Manu") e forse la data MDVIIII.
Dietro di lui, l'uomo coronato che dà le spalle allo spettatore e regge un globo terracque in mano èClaudio Tolomeo, che a quell'epoca era ancora confuso con un faraone della dinastia deiTolomei.
Davanti a lui si trova un uomo barbuto, forse Zoroastro, e dietro due personaggi di profilo, in vesti contemporanee, in cui si è voluto vedere la raffigurazione ad autoritratto di Raffaello stesso e quella, più improbabile, dell'amico e collega Sodoma, che ha lavorato al dipinto sulla volta ed a cui alcuni hanno attribuito un ruolo anche nell'esecuzione dell'affresco stesso.
L'identificazione di Sodoma è però da alcuni ritenuto improbabile, giudicando l'età dell'effigiato molto maggiore ai trentatré anni che l'artista aveva all'epoca; si sono fatti allora i nomi del Perugino, antico maestro di Raffaello, che all'epoca aveva l'età di circa 60 anni (ma che contrasta con le fattezze del pittore tramandate nel suo autoritratto) o di Timoteo Viti.
La presenza di Raffaello tra i filosofi è stata così spiegata da Giovanni Reale (1997): «L'arte di Raffaello è un attenuarsi di quella metafisica "giusta misura", che per Platone coincide con il Bene e con il Vero e [...] dunque è godimento supremo del Bene e del Vero mediante il Bello. e credo che con la firma di "piccolo tra i grandi", Raffaello intendesse presentarsi anche come filosofo appunto in questa dimensione: l'arte è alta filosofia, come esplicazione delle armonie numeriche del bello visibile, armonie che costituiscono, in ultima analisi, la struttura dell'essere».
Figure di contemporanei
L'evocazione degli uomini illustri del passato venne collegata indissolubilmente al presente, dando talvolta agli uomini antichi le fattezze di personaggi contemporanei.
Probabilmente nelle figure dell'affresco erano riconoscibili i personaggi della corte pontificia, tra cui umanisti, letterati e principi. Per la critica moderna però, nella generale scarsità di fonti attendibili, scritte o iconografiche, si identifica soprattutto un nutrito gruppo di artisti.
Già Vasari menzionò i ritratti di Federico II Gonzaga, Bramante, e Raffaello stesso. Particolarmente conosciute, ma non sempre documentate, sono le ipotetiche raffigurazioni di Michelangelo nella figura di Eraclito, Leonardo da Vinci come Platone e Bramante come Euclide.
La figura di Michelangelo, come si è già accennato, venne aggiunta in un secondo momento e nello stile riecheggia le magniloquenti torsioni del collega, con un forte risalto plastico. Controversa è poi l'identificazione di Francesco Maria Della Rovere nel giovane stante vestito di bianco.
La presenza degli artisti nell'affresco ribadiva l'elevazione del loro mestiere tra le arti liberali, secondo lo spirito pienamente rinascimentale.
Per saperne di più ed approfondire i particolari dell'Opera:
vai al testo integrale
Fonte: Wikipedia
Moreno Morando
(27 ottobre 2015)
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