Salute pubblica
Vaccinazioni obbligatorie per l'accesso agli asili nido comunali: ok del Consiglio di Stato
L'ordinanza del 21.4.2017 che conferma la legittimità dell'obbligo vaccinale quale requisito di accesso ai servizi educativi comunali per l'età da 0 a 6 anni.
In data odierna la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso proposto contro la sentenza sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia con cui è stato respinto il ricorso per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale di Trieste che introduce l'obbligo vaccinale quale requisito di accesso ai servizi educativi comunali per l'età da 0 a 6 anni.
In particolare il Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 1662 del 21 aprile 2017 ha rigettato la richiesta di sospensione cautelare della sentenza avendo la stessa evidenziato come la prescrizione di vaccinazioni obbligatorie per l’accesso ai servizi educativi comunali, oltre ad essere coerente con il sistema normativo generale in materia sanitaria e con le esigenze di profilassi imposte dai cambiamenti in atto (minore copertura vaccinale in Europa e aumento dell’esposizione al contatto con soggetti provenienti da Paesi in cui anche malattie debellate in Europa sono ancora presenti), non si ponga in conflitto con i principi di precauzione e proporzionalità.
Inoltre, il Collegio ha affermato che la tutela della salute pubblica, in particolare della comunità in età prescolare, assume un valore dirimente, che prevale sulle prerogative sottese alla responsabilità genitoriale.
Sul punto, infatti, si legge espressamente che "con riguardo al principio di precauzione, su cui gli appellanti insistono (ritendo dimostrata la probabilità che la vaccinazione sia dannosa per la salute umana), esso opera nei casi in cui l’osservazione scientifica ha rilevato (o ipotizzato sulla base di analogie con altre leggi scientifiche) una successione costante di accadimenti e ne ha formulato una descrizione provvisoria, ma non si dispone di prove per confermare l’ipotesi o per escluderla. A tal punto operano due principi di logica formale: la fallacia ad ignorantiam ed il principio del terzo escluso. La prima regola impone di non considerare vera una tesi solo sulla base del fatto che non esistano prove contrarie. Il secondo, una volta riconosciuto che in un dato ambito si diano solo due alternative (tertium non datur), consente di ritenere vera la prima ove si dimostri la falsità della seconda. Ebbene, poiché tra due o più accadimenti o vi è una relazione di regolarità causale o non vi è, in difetto di evidenze sulla quale delle due sia esatta o, almeno, preferibile, entrambe le ipotesi debbono essere considerate contemporaneamente come vere. In altre parole, nel periodo di incertezza scientifica, non essendovi prove a conferma o confutazione, la successione causale deve essere considerata logicamente come non esclusa, ossia possibile. A questo punto, l’unica regola inferenziale accettabile è quella per cui se non avviene il primo evento non può avvenire il secondo come sua conseguenza. Tale regola, ove applicata al comportamento umano in riferimento ad un possibile esito dannoso, impone la precauzione. Ma tale ragionamento non funziona quando può essere a parità di condizioni (principio del rasoio di Occam) ribaltato: nel caso in esame infatti esso condurrebbe allo stesso modo a ritenere che la vaccinazione sia suggerita dalla probabilità di contrarre malattie. Anzi, in questa prospettiva, la tutela della salute pubblica, in particolare della comunità in età prescolare, assume un valore dirimente, che prevale sulle prerogative sottese alla responsabilità genitoriale".
La Direzione
(21 aprile 2017)
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