Consiglio di Stato
Rilascio di permesso di costruire richiesto solo da uno dei comproprietari dell'area
Un caso particolare di titolo edilizio formatosi per silentium.
Il TAR Emilia nel dicembre 2013 accoglieva in parte il ricorso proposto da alcuni eredi di un proprietario di un'area edificabile avverso il permesso di costruire rilasciato in forza di silenzio assenso richiesto da una società (poi divenuta) comproprietaria del fondo. La statuizione di merito accoglieva il ricorso affermando l’illegittimità del titolo edilizio formatosi per silentium affermando sussistere la violazione dell’art. 1102 Cod. civ., in quanto “la prevista trasformazione della vecchia strada (sterrata) di accesso alla proprietà dei ricorrenti in una strada asfaltata e dotata di illuminazione pubblica e segnaletica per il transito dei residenti delle nuove unità abitative (ha) determinato una sostanziale modificazione della destinazione dell’area comune, variando in modo significativo l’equilibrio tra le utilizzazioni dei comproprietari e assegnando una identità nuova”.
Ricorreva quindi in appello la società titolare del permesso, precisando in via preliminare che la realizzazione di un fabbricato residenziale, assentita dal predetto permesso di costruire, non gravava “fisicamente” sulla particella oggetto di comproprietà, bensì su altre particelle, delle quali la proprietà (esclusiva) non era invece contestata.
Il Consiglio di Stato, IV Sez., con sentenza n. 1949 del 28 marzo 2018, ha accolto l'appello.
I giudici del gravame hanno inizialmente rammentato che il permesso di costruire può essere rilasciato non solo al proprietario dell’immobile, ma a chiunque abbia titolo per richiederlo, espressione quest’ultima che va intesa nel senso della legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il consenso del proprietario.
E' vero che il Comune, prima di rilasciare il titolo, ha sempre l'onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che questi sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria, ma va anche detto che il permesso di costruire non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio, né tanto meno pregiudica la titolarità o l'esercizio di diritti relativi ad immobili diversi da quelli oggetto d'intervento.
Nel particolare caso scrutinato dal Supremo Consesso non hanno potuto trovare ingresso le conclusioni cui è pervenuta la pregressa giurisprudenza, secondo cui di regola è necessario il consenso di tutti i comproprietari ed in presenza della opposizione di uno di essi il Comune è tenuto a non rilasciare il titolo edilizio, restando ferma l’inesigibilità di una approfondita disamina dei rapporti negoziali intercorrenti fra i vari comproprietari o condomini, posto che nella fattispecie:
a) coloro che avevano a suo tempo richiesto il permesso di costruire erano titolari del titolo per richiederlo;
b) l’intervento edilizio propriamente detto ricadeva su area di proprietà esclusiva, mentre la particella in comproprietà era interessata solo dalla strada di collegamento tra la predetta area di intervento edilizio e la strada pubblica ed era già oggetto di passaggio (non già in ragione di servitù, bensì per effetto di comproprietà della medesima) da parte dei richiedenti il permesso di costruire (e quest’ultimo si era limitato ad imporre dei “miglioramenti” della strada esistente).
In definitiva, l’area di intervento edilizio propriamente detto, non essendo oggetto di comproprietà, (posto che lo è solo l’area interessata da una preesistente strada di collegamento), consentiva la richiesta di rilascio del titolo.
Il Consiglio di Stato ha concluso, poi, affermando che ogni questione in ordine agli eventuali limiti dell’esercizio in concreto del diritto del comproprietario (ivi compreso quanto inerisce all’uso della cosa comune, ai sensi dell'art. 1102 Cod. civ.) esulava dalle valutazioni dell’Amministrazione, nei casi in cui l’immobile considerato non sia oggetto “diretto” del titolo edificatorio, nel senso che attraverso quest’ultimo si realizza una trasformazione dell’immobile, sia attraverso la realizzazione di una volumetria su di esso insistente, sia attraverso la realizzazione di altre opere che ne trasformino in modo decisivo caratteristiche e destinazioni del bene ovvero che incidano su pattuizioni tra i comproprietari in ordine all’uso del medesimo: in ordine a tali aspetti, resta ferma la tutela dei diritti reali assicurata dal giudice ordinario, ma ciò non può condizionare l’esercizio del potere autorizzatorio in materia edilizia della Pubblica amministrazione, al punto da rendere illegittimo il permesso di costruire rilasciato.
Diversamente opinando, hanno osservato in Giudici di Palazzo Spada, si perverrebbe alla conclusione che il diniego di consenso del comproprietario della particella costituente il “collegamento” con la pubblica via frustrerebbe sia l’esercizio del potere amministrativo, sia il legittimo esercizio dello jus aedificandi del proprietario dell’area propriamente oggetto dell’intervento edilizio.
Rodolfo Murra
(3 aprile 2018)
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