Messi di Conciliazione
Niente indennità di trasferta al Vigile Urbano notificatore
Se viene soppresso dal Comune il ruolo di messo ed attribuite tali prestazioni ai Vigili Urbani non è dovuta l'indennità di trasferta
Il Consiglio di Stato ha negato l'indennità di trasferta ai dipendenti del Comune di Torino che svolgono l'attività di messi di conciliazione in quanto appartenendo al Corpo dei Vigili Urbani tali funzioni, che un tempo erano proprie dei messi, sono state dal Comune attribuite direttamente alla polizia municipale.
La vicenda in particolare riguarda la pretesa dei vigili di vedersi riconosciuta l’indennità di trasferta prevista dall’art. 9, comma 5, della legge 21 febbraio 1989, n. 99. Tale norma prevede che: “Al messo di conciliazione, dipendente dell’amministrazione comunale, che svolge la relativa attività in modo esclusivo e con impegno quotidiano e continuativo è dovuto solo il rimborso delle eventuali spese postali ed il pagamento dell’indennità di trasferta.”
Gli interessati allegano -appunto- di avere prestato l’attività di messi di conciliazione in modo esclusivo e con impegno quotidiano e continuativo, e lamentano che l’Amministrazione, pur avendo loro rimborsato le spese postali, non abbia riconosciuto la suddetta indennità.
Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR rigettando l'appello in considerazione dell'appartenenza dei ricorrenti al Corpo di Polizia municipale. Presso il Comune di Torino, infatti, sin dal 1982 il ruolo dei messi comunali e dei messi di conciliatura è stato soppresso, i dipendenti interessati ammessi ad optare per i servizi amministrativi oppure il Corpo dei Vigili Urbani, e le funzioni un tempo proprie dei messi sono state attribuite al medesimo Corpo e, pertanto, ancor prima di verificare il carattere esclusivo oppure solo occasionale del disimpegno delle attività di messo da parte dei singoli ricorrenti, il Consiglio di Stato ha verificato se nel caso concreto ricorrano le condizioni per l’applicazione della disciplina da loro invocata.
La normativa dell’art. 9 legge citata, infatti, si riferiva agli appartenenti alla categoria dei messi di conciliazione (presso il Comune appellato, tuttavia, soppressa con deliberazione del 1981), vale a dire al personale dipendente che rivestiva proprio la relativa qualifica specifica, con la funzione di integrare le regole attinenti al suo trattamento economico mediante l’aggiunta di un’apposita voce indennitaria alla sua remunerazione di base.
La disciplina invocata da parte ricorrente riguardava, quindi, i dipendenti muniti della specifica qualifica di messi comunali, laddove gli interessati tali non sono, appartenendo invece al Corpo di Polizia municipale.
Né vale l’invito di parte appellante a non farsi fuorviare dalla qualifica formale rivestita dagli interessati (Vigile urbano o Sottufficiale Vigile).
Presso l’Amministrazione comunale di Torino, infatti, le prestazioni del messo rientrano, per quanto si è detto, nel mansionario dei Vigili Urbani, costituendo una delle possibili attività d’istituto dei componenti del Corpo. E come tali vengono retribuite.
L’appartenenza al Corpo, conclude il Consiglio di Stato, si rivela allora incompatibile con il conseguimento del trattamento rivendicato, dal momento che la prima porta già con sé un trattamento economico speciale correlato alle funzioni svolte, altrimenti si determinerebbe un’inammissibile duplicazione, ossia un beneficio privo di giustificazione.
La Direzione
(21 aprile 2014)
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