CORTE DI CASSAZIONE
Niente tutela "rinfonzata" per i consumatori che comprano negli stands fieristici
Gli stands di fiere o di saloni espositivi sono aree temporanee aperte al pubblico, ma non si applica la disciplina dei contratti conclusi fuori dal locali commerciali.
Quante volte capita di entrare in una bella fiera di settore: dalle cucine, alla pesca, alle auto, chi più ne ha più ne metta.
Succede spesso di trovarsi assaliti dai venditori che si propongono di soddisfare le nostre esigenze, altre volte, invece, siamo noi ad essere curiosi e visitiamo gli stands più interessanti, allestiti all’interno di fiere o saloni espositivi, in cerca del prodotto più stravagante e ricercato.
Attenzione però, nonostante ci troviamo in un luogo pubblico o aperto al pubblico, fuori della sede commerciale del venditore, quando compriamo qualcosa in uno degli stands della fiera non trova applicazione la tutela “rinforzata” per i consumatori, imposta dalle disposizioni Europee e dal Codice del consumo (prima del codice vi era il d.lgs 50/1992).
Lo ha ribadito la Cassazione con una ordinanza (n. 22863 del 28 ottobre), in riferimento ad una vicenda del 2001, ritenendo che all’acquirente di un gommone presso uno stand di un salone nautico - che voleva indietro i soldi per malfunzionanti motore - non potesse applicarsi la disciplina in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali.
Ma in cosa consiste tale tutela, quali sono i presupposti? E perché nel caso specie è stata negata l’applicazione della disciplina?
Per i contratti conclusi fuori dai locali commerciali la politica (e la normativa) Europea è da tempo schierata contro le pratiche abusive nel settore delle vendite a domicilio o comunque in tutti quel casi in cui il commerciante prende l’iniziativa delle trattative, il consumatore è impreparato di fronte a queste trattative e si trova preso di sorpresa.
In questi casi oggi, secondo la legislazione Italiana (peraltro recentemente modificata nel giugno 2014), vi è un obbligo di informativa precontrattuale gravoso a carico del venditore; un obbligo di forma scritta e di linguaggio chiaramente comprensibile; il diritto di ripensamento (il consumatore se correttamente informato dell'esistenza di tale diritto può, entro 14 giorni e senza necessità di motivazione recedere dal contratto, se non informato il termine per ripensarci si allungherà a 12 mesi;
Tutto ciò è finalizzato a proteggere il consumatore ma solo “ove il contesto sia tale da giustificare il dubbio che il consumatore sia stato indotto a concludere l’affare senza adeguate possibilità di valutare la convenienza dell’offerta o le sue reali esigenze”.
Dice la Cassazione “tali non possono essere considerati i luoghi pubblici o aperti al pubblico che siano appositamente destinati all’esposizione ed alla vendita dei beni e servizi del “professionista”, ai quali il consumatore acceda perché tendenzialmente interessato al relativo acquisto …”, l’accesso allo stand è “frutto di una sua scelta deliberata e consapevole”.
In questo senso l’ordinanza ha chiarito che “lo stands si presenta come sede dislocata, pur se sporadica e provvisoria, di una parte dell’attività e degli affari dell’impresa, per il tempo per cui si protrae la manifestazione commerciale”.
In conclusione quindi, quando si acquista un bene all'interno di uno stand presso una fiera o un salone espositivo, si dev'essere certi e convinti di cosa si è in procinto di acquistare, nella consapevolezza del fatto che non sarà applicabile il “diritto di ripensamento” e tutta la disciplina più favorevole accordata ai consumatori.
In questo caso la disciplina sarà quella ordinaria, applicabile ai casi in cui il contratto avvenga nel locale commerciale.
Dice la Corte: “non si può in linea di principio affermare che il consumatore che acceda di sua iniziativa allo stand fieristico ed ivi concluda un affare si possa considerare in situazione tale da venire sorpreso e colto impreparato dalle offerte commerciali in cui si imbatte, dato che normalmente vi si reca proprio per conoscere e valutare tali offerte”.
Fonte: Corte di Cassazione
Luca Tosto
(6 novembre 2014)
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