Delitti contro l'onore
Gli effetti della remissione di querela sulla diffamazione a mezzo stampa
La Cassazione salva intervistato e giornalista. I giudici di legittimità chiariscono, in questa vicenda, gli effetti della remissione della querela nei delitti contro l'onore.
La questione risolta dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 42918, depositata il 14 ottobre 2014, ha ad oggetto un caso di diffamazione a mezzo stampa e in particolare la remissione della querela nei confronti dell’autore dell’articolo incriminato, secondo la Quinta sezione tale istituto estende i suoi effetti anche verso l’intervistato.
Prima occorre fare un passo indietro. Che cos’è la remissione della querela? E’ una manifestazione di volontà di chi propone la querela (condizione di procedibilità, art. 336 c.p.p.) con la quale si revoca la domanda di sanzione “relativa a un fatto previsto dalla legge come reato”. In pratica con questo atto si rinuncia a promuovere l’azione penale; ciò ha delle conseguenze rilevanti nel processo, infatti secondo la dottrina maggioritaria comporta l’estinzione del reato.
Ma ritorniamo a noi e vediamo cosa era accaduto (i soggetti coinvolti nella vicenda non sono identificabili alla luce degli omissis in sentenza).
Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Milano con sentenza aveva dichiarato non luogo a procedere nei confronti dell’imputato nel delitto di diffamazione a mezzo stampa. Il soggetto intervistato avrebbe offeso la reputazione di un ordine religioso. Le accuse si fondavano sull’atteggiamento nei confronti della figlia che dopo aver subito una violenza sessuale, a parere del padre era stata emarginata nel contesto parrocchiale. Nell’intervista descriveva un atteggiamento simile alla “mafia”, precisando che “i superiori del prete sotto accusa non si erano limitati ad insabbiare, ma avevano reagito ribaltando le parti, trasformando la vittima in colpevole”.
I giudici di legittimità hanno affrontato la questione relativa agli effetti estensivi della remissione di querela (ai sensi dell’art. 155 c.p.p.) attesa “la cooperazione tra intervistatore ed intervistato che caratterizza la posizione del destinatario diretto alla remissione di querela”.
La giurisprudenza sul punto più volte ha avuto modo di pronunciarsi.
La prima fattispecie coinvolge l’intervistato e il direttore del giornale. In questo caso la remissione della querela nei confronti dell’intervistato per il reato di diffamazione a mezzo stampa “non estende i suoi effetti nei rapporti tra direttore del giornale (che è responsabile ai sensi dell’art. 57 cod. pen. e giornalista) stante l’autonomia delle fattispecie criminose che vengono in considerazione, la quale è ostativa all’effetto estensivo di cui all’art. 155, comma secondo, cod. pen., che presuppone il concorso di più persone nel medesimo reato” (sul punto si veda Cass., Sez. V, depositata il 16 ottobre 2009 n. 40446).
La seconda fattispecie coinvolge invece il direttore del giornale e l’autore dell’articolo incriminato. In questo caso la remissione della querela proposta nei confronti del direttore del giornale per il reato ex art. 57 c.p. non si estende in favore dell’autore dell’articolo, “ciò per la diversa struttura dei due reati, uno dei quali è punito a titolo colposo” (per un maggiore approfondimento si veda Cass., Sez. VI, 21 marzo 1978 n. 3291). La giurisprudenza ha poi ritenuto applicabile tale principio anche nella situazione opposta, in cui quindi la remissione sia in favore del giornalista. Sul punto i giudici affermano che “sussisterebbe anche in tale ipotesi, la ragione giuridica ostativa alla produzione dell’effetto di cui all’art. 155, comma secondo, c.p., che postula il concorso di più persone nel medesimo reato, ove invece nel caso sopra indicato ricorrerebbero fattispecie delittuose distinte ed autonome”( Cass., Sez. V, n. 36078 del 25 maggio 2004).
Ritornando alla vicenda in esame i giudici della Quinta sezione non hanno riscontrato fenomeni ostativi di estensione della rimessione della querela. La fattispecie - sentenzia la Corte - “determina l’affermazione di responsabilità del giornalista, a titolo di concorso con il dichiarante, per la pubblicazione delle dichiarazioni di terzi lesive della reputazione altrui. In particolare, al fine di verificare se il giornalista si sia limitato a riferire l’evento, piuttosto che a divenire strumento della diffamazione, l’indagine avrà ad oggetto il contesto nel quale sono riportate le dichiarazioni altrui, la plausibilità e l’occasione di tali dichiarazioni. Ciò al fine di valutare, attraverso una puntuale interpretazione dell’articolo, se il giornalista abbia assunto la prospettiva del terzo osservatore dei fatti, agendo per conto dei suoi elettori, ovvero sia solo un dissimulato coautore della dichiarazione diffamatoria, che agisce contro il diffamato, applicandosi, in quest’ultimo caso, la normativa sul concorso delle persone nel reato di cui all’art. 110 c.p”.
Sulla base di queste considerazioni la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistere un’identità tra il reato commesso dal giornalista e quello perpetrato dall’intervistato e vista la cooperazione necessaria tra i due soggetti ha affermato che “la remissione di querela estende i suoi effetti alla posizione dell’intervistato”.
Il reato è estinto.
Fonte: Corte di Cassazione
Gianmarco Sadutto
(27 ottobre 2014)
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