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Ius sepulchri

Occhio a vendere la tomba di famiglia: il demanio 'sfratta' i defunti

Per il Consiglio di Stato nessuna preclusione all'esercizio dei poteri autoritativi da parte della Pubblica amministrazione concedente.

Il Comune di Napoli – con permesso del lontano 14 agosto 1893 – rilasciò ad un Principe partenopeo il permesso per la costruzione di una cappella funeraria nel cimitero di Poggioreale su di un’area di 63 mq. di cui lo stesso aveva il godimento.

A seguito di indagini è risultato che, con atto notarile del luglio 2011, quel manufatto funerario è stato venduto dagli eredi del Principe ad un terzo.

Con provvedimento dirigenziale del 9 ottobre 2012, previa comunicazione di avvio del procedimento agli interessati, ed esaminate le loro osservazioni, è stata disposta la revoca decadenziale della concessione di suolo cimiteriale di cui al citato permesso, con acquisizione del realizzato manufatto (da rilasciare liberi da salme, resti mortali e arredi funebri, entro 90 giorni, con espresso avviso che in difetto si sarebbe provveduto in danno).

Proposto ricorso avverso detto provvedimento, il TAR campano ha ritenuto legittima la disposta decadenza.

A questo punto la parte acquirente ha appellato la sentenza di merito.

Il Consiglio di Stato adito (V Sezione), con sentenza n. 4943 del 28 ottobre 2015, ha dovuto preliminarmente osservare che lo ius sepulchri, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti interprivati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento.

Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri non preclude l’esercizio dei poteri autoritativi da parte della pubblica amministrazione concedente, sicché sono configurabili interessi legittimi quando sono emanati atti di autotutela. In questa prospettiva, quindi, dalla demanialità del bene discende l'intrinseca "cedevolezza" del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico.

Infatti, come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni o utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere dinnanzi ai poteri dell'amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto, trattandosi di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione, così che, a fronte di successive determinazioni del concedente, il concessionario può chiedere ogni tutela spettante alla sua posizione di interesse legittimo.

Il problema, tuttavia, è che l’appellante sosteneva che nella specie non si trattava di una concessione amministrativa perché (tenuto conto dell’epoca in cui il titolo fu rilasciato al Principe) prima dell’entrata in vigore dell’attuale codice civile i cimiteri comunali non avrebbero avuto natura demaniale: e, dunque, il provvedimento non aveva natura concessoria, ma di mera autorizzazione alla realizzazione di un manufatto, perfettamente cedibile a terzi.

I giudici di Palazzo Spada, però, ricordano che  la giurisprudenza non ha mai dubitato della natura demaniale dei cimiteri comunali anche nella vigenza del Codice civile del 1865, sia pur ricollegandola, in mancanza di un’espressa previsione normativa, alla loro specifica destinazione all’uso pubblico diretto ed immediato.

Da qui il rigetto dell’appello.

Rodolfo Murra

(29 ottobre 2015)

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