Suprema Corte
Ingiuria, minaccia e diffamazione: gli ultimi principi della Cassazione
Le frasi incriminate "Fattucchieri, maghi e guaritori" "ve la faccio pagare" e "vi lancio i vasi dal balcone".
Le frasi incriminate: "Fattucchieri, maghi e guaritori" ... vi lancio i vasi dal balcone.... "se non ve ne andate ve la faccio pagare, vi accadrà qualcosa di brutto" ... "dovete andare via da qui con le buone o con le cattive". Queste le parole pronunciate da una signora nei confronti di due soggetti che abitavano illegittimamente un suo immobile.
In ragione di ciò la signora veniva denunciata e con sentenza del 23 aprile 2015 il Tribunale la dichiarava colpevole dei reati a lei ascritti: ingiurie, minacce e diffamazione e la condannava alla pena di euro 500 di multa.
La signora ricorreva in Cassazione e, la Suprema Corte con sentenza n. 30899 pubblicata il 19 luglio 2016 (Presidente: SABEONE - Data Udienza: 01/04/2016) con riferimento al reato di ingiuria rilevava che, ai sensi dell'art.1 d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 7 e' stato abrogato l'art. 594 cod. pen., con conseguente trasformazione in mero illecito civile del fatto di ingiurie. Pertanto, la Cassazione ha ritenuto di annullare la sentenza limitatamente alle ingiurie perché il fatto non è' più previsto dalla legge come reato.
Con riguardo poi all'accusa di diffamazione, da quanto risulta dalla ricostruzione dei fatti come operata dai giudici di merito, la Corte ha ritenuto che non può affermarsi la sussistenza del reato di diffamazione, poiché le frasi offensive sono state proferite alla presenza di una sola persona.
In proposito va rimarcato che, ai fini della configurabilità del reato di diffamazione e' necessario che l'autore della frase lesiva dell'altrui reputazione comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona, ma con modalità tali che detta notizia venga sicuramente a conoscenza di altri ed agisca rappresentandosi e volendo tale evento, cosa che non ha riguardato il caso di specie e pertanto ha indotto la Cassazione ad assolvere, anche qui senza rinvio, la signora perché il fatta non sussiste.
Infine, con riguardo al reato di minacce, la Cassazione ha ritenuto che il Tribunale non avesse chiarito affatto in base a quali risultanze processuali ritenesse provata la minaccia, o le ragioni per le quali ritenesse sussistente il reato, sebbene contestato nell'imputazione con diversa descrizione del fatto. Pertanto, la Corte in questo caso, con specifico riguardo alle minacce, ha annullato la sentenza con rinvio al Tribunale, perché provvedesse a nuovo esame della vicenda.
La Cassazione in relazione a quest'ultimo punto ha colto l'occasione per precisare il "principio di correlazione" emergente tra quanto statuito in sentenza e quanto contestato in sede di accusa affermando che risulta violato tale principio nel caso in cui il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto così, a sorpresa, di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza non avere avuto alcuna possibilità di effettiva difesa.
La Direzione
(7 agosto 2016)
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