Convalida dell'arresto
Cassazione: il cittadino può arrestare il delinquente colto in flagranza di reato
Quando la nozione di "inseguimento" ad opera della forza pubblica comprende anche l'arresto di chi è "trattenuto" dal cittadino nella sentenza n. 13001/2016.
Forse non tutti sanno che il codice di procedura penale all'art. 383 autorizza ogni persona a procedere all'arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio. In tal caso la persona che ha eseguito l'arresto deve senza ritardo consegnare l'arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria, la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia.
La sopra riportata procedura va, però, puntualmente ossequiata altrimenti si rischia che l'arresto effettuato dall'eroico cittadino venga vanificato dal provvedimento del giudice che non convalida l'arresto.
È quanto accaduto presso il Tribunale di Rimini, anche se la Corte di Cassazione ha sostanzialmente rimediato all'inconveniente dettando principi importanti.
Ma veniamo alla storia, una come tante altre, di borseggi, scippi, furti che avvengono quotidianamente in strada o sui mezzi pubblici, condotte delittuose che metteno a rischio la serenità e l'incolumità dei cittadini.
Il maldestro ladro aveva infilato la mano nella borsetta di una signora, ma il tentativo di furto veniva sventato dal proprietario di un bar che tratteneva il ladro fino all'arrivo dei Carabinieri che procedevano all'arresto.
Tutto bene quel che finisce bene! Non è così perché il ladro non finisce in galera in quanto il Tribunale, in sede di giudizio direttissimo, non convalidava l'arresto ritenendo che non ricorressero le ipotesi previste dall'art. 383 e 380 del codice di procedura penale che autorizzano l'arresto obbligatorio in fragranza di reato rispettivamente operato da cittadini (art. 383 c.p.p) e dalla forza pubblica (art. 380 c.p.p).
Tutto ruota attorno alla cosidetta flagranza di reato e all'arresto obbligatorio!
In buona sostanza, nella vicenda in esame il Tribunale ha ritenuto che l'imputato, era solo stato "trattenuto" dal proprietario dell'esercizio pubblico in attesa dell'arrivo, per altro immediato, dei Carabinieri, che avevano poi provveduto (autonomamente) all'arresto (ex art. 381, comma 2, lett. g, c.p.p.). Ciò era deducibile, secondo i giudici di prime cure, anche dall'assenza delle procedure sopra indicate previste per l'arresto da parte di persone diverse dagli operanti di polizia giudiziaria.
Il procuratore della Repubblica non ci sta e ricorre prontamente alla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 13001/2016 (Presidente D'ISA - udienza 24.2.2016), ha annullato il provvedimento rinviando gli atti al Tribunale per l'ulteriore corso.
In tema di arresto - precisa la Suprema Corte - secondo la giurisprudenza consolidata, "la nozione di quasi flagranza di cui all'art. 382 c.p.p., non va intesa rigidamente e, comunque, avendo riguardo esclusivamente al criterio quantitativo del lasso temporale dalla commissione del fatto. Ciò in quanto la previsione dell'arresto di chi sia "sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima" trova fondamento nell'esigenza di un legame materiale della persona con il fatto".
Deve cioè esistere "una stretta connessione temporale tra il reato e la sorpresa con tracce dello stesso", sì che l'azione per raggiungere ed arrestare l'autore dell'episodio criminoso possa ritenersi svolta senza soluzione di continuità.
Inoltre, la nozione di "inseguimento" ad opera della forza pubblica comprende ogni attività di indagine e ricerca finalizzata alla cattura dell'indiziato di reità, quand'anche la stessa si protragga nel tempo, purché non subisca interruzioni dopo la commissione del reato.
Applicando tali principi alla vicenda in esame nella quale l'imputato venne "trattenuto" dal proprietario del bar in cui si sono svolti i fatti sino all'arrivo dei Carabinieri che procedettero al suo arresto, la Corte ha ritenuto che tale situazione realizza l'"inseguimento" dell'indagato nei termini sopra precisati.
Per la Corte non ci sono dubbi, l'esigenza del legame materiale della persona con il fatto, presidiato anche dall'esigenza che non vi sia soluzione di continuità tra la sua commissione e la reazione dei consociati, è pienamente ravvisabile nelle circostanze che accompagnarono l'arresto dell'imputato.
In conclusione, il giudice negando la convalida dell'arresto ha fatto malgoverno dei principi innanzi enunciati.
Morale della favola, ogni qualvolta il cittadino procede ad un arresto per reati procedibili d'ufficio è necessario che venga rispettata la procedura che prevede la consegna delle cose costituenti il corpo di reato e del delinquente all'Autorità giudiziaria con redazione di un apposito verbale, in mancanza l'arresto in flagranza potrà essere convalidato solo se, come accaduto nel caso di specie, l'arresto dell'autore dell'episodio criminoso da parte degli agenti possa ritenersi svolto senza soluzione di continuità ovvero senza interruzioni tra la commissione del fatto di reato e l'arresto e, quindi, ricondotto alla nozione di "inseguimento".
Enrico Michetti
La Direzione
(3 aprile 2016)
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