corte di Cassazione
Niente legittima difesa se il pericolo di un danno grave alla persona non è attuale ed imminente
Il nostro ordinamento non ammette difese anticipate o preventive. La sentenza n. 9911/2016.
Brutta storia quella giunta all'attenzione della Corte di Cassazione. Nel leggere la parte in fatto della sentenza sembra di essere al cinema dove proiettano un film violento incentrato su orribili storie di vita familiare.
Ma non è così.
È una storia vera quella in cui il padre esplode due colpi di fucile sul volto del figlio affetto da disturbi comportamentali ed alcolizzato. La Corte di assise di appello confermava la decisione del Gup che, all'esito del giudizio abbreviato - riconosciuto il vizio parziale di mente e le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante contestata e la circostanza della provocazione - condannava il padre alla pena di anni quattro e mesi due di reclusione per l'omicidio del figlio.
La ricostruzione del fatto fondata sulle dichiarazioni confessorie dell'imputato e di altri testimoni in ordine ai problematici rapporti tra padre e figlio e alle condotte violente di quest'ultimo si risolve, quindi, sulla base della perizia relativa alle condizioni psichiche dell'imputato al quale veniva riconosciuto il vizio parziale di mente, nella sopra citata condanna che è stata confermata dalla Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione.
In particolare la Corte non ha condiviso la tesi sollevata dalla difesa in relazione alla legittima difesa cd. anticipata secondo cui dovrebbe ritenersi l'applicazione analogica della scriminante alla difesa anticipata allorché, pur non essendo ancora in atto il pericolo, si abbia la certezza della non differibilità dell'intervento difensivo, certamente vano se ritardato in attesa che insorga il rischio.
Nella sentenza n. 9911/2016 gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso per infondatezza delle censure proposte in quanto ai fini dell'integrazione dell'esimente è necessario che il pericolo di un danno grave alla persona sia attuale ed imminente o, comunque, idoneo a fare sorgere nell'autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto pericolo, non essendo all'uopo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto.
Non ammettendo il nostro ordinamento la difesa anticipata o preventiva, il pericolo attuale è quello che, se non tempestivamente neutralizzato, causerebbe la lesione del diritto, quindi, deve trattarsi di pericolo imminente o persistente al momento della reazione difensiva, non futuro e neppure già esaurito.
Sulla base di tale premessa la Suprema Corte ha ritenuto che nella specie, la Corte di appello ha correttamente evidenziato come ancorché si tenga conto di tutte le pregresse vicende e della violenza manifestata dalla vittima nella serata, il ricorrente ha agito quando il figlio era privo di capacità di azione e stordito dall'alcool. L'omicidio, infatti, è avvenuto la mattina successiva alle azioni violente e minacciose poste in essere dalla vittima, quando il padre aveva trovato il figlio fuori di casa riverso a terra, in stato di incoscienza per l'abuso di alcool, lo aveva portato in casa e lo aveva messo a letto. Quindi, il ricorrente, dopo avere fumato alcune sigarette, aveva sparato con il fucile al volto del figlio mentre dormiva.
Riconosciuto il vizio parziale di mente alla luce dei risultati della perizia, la Corte di appello correttamente, quindi, ha escluso la invocata scriminante della legittima difesa, rilevando che la vittima si trovava in stato di totale ubriachezza e non era in condizioni di nuocere, tanto da dovere essere messo a letto dal padre; né tale stato era destinato ad esaurirsi in tempo breve tanto da potersi profilare un pericolo di reazione.
Per le stesse ragioni - precisa la Suprema Corte - operando la valutazione ex ante delle concrete circostanze di fatto, anche antecedenti che possono avere inciso sull'insorgenza di un erroneo convincimento, ha ritenuto insussistente la legittima difesa putativa e l'eccesso colposo nella legittima difesa in assenza del profilarsi di una situazione di pericolo per l'agente o per i familiari, posto che ogni velleità aggressiva della vittima era in quel momento neutralizzata dalle sue condizioni di totale incoscienza.
Fonte: Corte di Cassazione
Enrico Michetti
La Direzione
(13 marzo 2016)
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