Riforma
La legittima difesa è legge
Nell'aricolo il testo di legge e la nota esplicativa.
Con 201 si, 38 no e 6 astensioni, l'Assemblea di Palazzo Madama, giovedì 28 marzo, ha approvato definitivamente il ddl n. 5, 199, 234, 253, 392, 412, 563 e 652-B, recante modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa. Il provvedimento, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati è stato incardinato in Aula nella stessa giornata del 28 marzo.
1. Il contenuto del disegno di legge
Il disegno di legge, già esaminato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati (limitatamente ai profili di copertura finanziaria), è stato approvato, in sede referente, dalla Commissione giustizia nel testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento.
Nel merito esso si compone di 9 articoli, i quali, oltre ad apportare modifiche in materia di legittima difesa domiciliare e di eccesso colposo, intervengono su alcuni reati contro il patrimonio (furto in abitazione e rapina) e sul delitto di violazione di domicilio.
1.1. Le modifiche in materia di legittima difesa e di eccesso colposo
I primi due articoli - non modificati nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento - intervengono rispettivamente in materia di legittima difesa domiciliare e di eccesso colposo. In particolare l'articolo 1 modifica il comma 2 dell'articolo 52 c.p., precisando che nei casi di legittima difesa domiciliare si considera "sempre" sussistente il rapporto di proporzionalità tra la difesa e l'offesa. Il disegno di legge poi aggiunge un ulteriore comma all'articolo 52 c.p. (quarto comma), per il quale si considera "sempre in stato di legittima difesa" chi, all’interno del domicilio e nei luoghi ad esso equiparati, respinge l’intrusione da parte di una o più persone “posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica”. Ai sensi del terzo comma dell'articolo 52 c.p. al domicilio è equiparato ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Formulazione vigente |
Testo come modificato dall'AS 5 e conn.-B |
Art. 52 c.p. (Difesa legittima)
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Art. 52 c.p. (Difesa legittima)
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Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa. |
Identico |
Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione. |
Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione |
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale |
Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale. |
Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone. |
L'articolo 2 del disegno di legge interviene poi sull'articolo 55 c.p., aggiungendo un ulteriore comma, con il quale si esclude, nelle varie ipotesi di legittima difesa domiciliare, la punibilità di chi, trovandosi in condizione di minorata difesa o in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo, commette il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità.
L'articolo 61, primo comma, n. 5, disciplina la circostanza aggravante comune della c.d. minorata difesa. Tale circostanza ricorre quando colui che commette il fatto agisce profittando "di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa".
Formulazione vigente |
Testo come modificato dall'AS 5 e connessi-B |
Art. 55 c.p. (Eccesso colposo)
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Art. 55 c.p. (Eccesso colposo)
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Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
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Identico |
Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5, ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto. |
L'articolo 7 del disegno di legge, non modificato dalla Camera, interviene, poi, sulla disciplina "civilistica" della legittima difesa e dell'eccesso colposo, introducendo due ulteriori commi all'articolo 2044 c.c.. Il nuovo comma secondo dell'articolo 2044 c.c. specifica che, nei casi della legittima difesa domiciliare, di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e quarto del codice penale, è esclusa in ogni caso la responsabilità di chi ha compiuto il fatto.
In tal modo la disposizione esclude apertis verbis l'ingiustizia - che costituisce il presupposto del risarcimento- del danno cagionato in presenza della causa di giustificazione di cui all'articolo 52, secondo, terzo e quarto comma c.p. In altri termini intento della modifica è di fare in modo che l'autore del fatto, se assolto in sede penale, non debba essere, in nessun caso, obbligato a risarcire il danno derivante dal medesimo fatto.
Il nuovo terzo comma dell'articolo 2044 c.c. invece prevede che nei casi di eccesso colposo, di cui all'articolo 55, secondo comma, al danneggiato è riconosciuto il diritto ad una indennità. Tale indennità dovrà essere calcolata dal giudice con equo apprezzamento tenendo conto “della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato”.
L'articolo 8, comma 1, del disegno di legge introduce, poi, il nuovo art. 115-bis all'interno del T.U. delle spese di giustizia: la previsione estende le norme sul gratuito patrocinio (criteri e modalità di liquidazione dei compensi e delle spese per la difesa) a favore della persona nei cui confronti sia stata disposta l'archiviazione o il proscioglimento o il non luogo a procedere per fatti commessi in condizioni di legittima difesa o di eccesso colposo. É comunque fatto salvo il diritto dello Stato di ripetere le spese anticipate, qualora a seguito di riapertura delle indagini o revoca del proscioglimento, la persona sia poi condannata in via definitiva. Trattandosi di una disposizione onerosa, il comma 2 dell'articolo 8 provvede alla copertura finanziaria del nuovo art. 115-bis del Tu spese di giustizia. Proprio la norma di copertura è stata oggetto di modifica da parte della Camera dei deputati: rispetto al testo approvato dal Senato nell'ottobre 2018, che prevedeva una copertura anche per tale esercizio finanziario, l'altro ramo del Parlamento è intervenuto facendo decorrere l'onere dall'anno 2019 e adeguando di conseguenza la copertura finanziaria al corrente triennio 2019-2021 (ciò in quanto, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, della legge n. 196 del 2009, le quote dei fondi speciali di parte corrente riferite a provvedimenti non approvati in via definitiva entro la fine dell'anno costituiscono economie di bilancio).
Infine, sempre in tema di legittima difesa, attraverso una modifica all'articolo 132-bis delle disp. att. c.p.p., il disegno di legge, all' articolo 9, non modificato dalla Camera dei deputati, prevede che nella formazione dei ruoli di udienza debba essere assicurata priorità anche ai processi relativi ai delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose verificatesi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma e 55, secondo comma del codice penale.
1.2. Gli inasprimenti sanzionatori
Oltre alle modifiche alla disciplina della legittima difesa e dell'eccesso colposo il provvedimento interviene su alcune fattispecie di reato. É opportuno precisare - preliminarmente - che anche gli articoli di seguito esaminati non sono stati modificati nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento.
In particolare l'articolo 4, interviene sul reato di violazione di domicilio, inasprendone il quadro sanzionatorio. É infatti elevata da sei mesi a un anno nel minimo e da tre a quattro anni nel massimo la pena detentiva per il reato di violazione di domicilio. Analogo inasprimento sanzionatorio è previsto con riguardo all'ipotesi aggravata che ricorre quando la violazione di domicilio è commessa con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato. Tale ipotesi è attualmente sanzionata con la pena della reclusione da uno a cinque anni. Il disegno di legge interviene sia sul minimo che sul massimo edittale, sanzionando tale ipotesi con la pena detentiva da due a sei anni.
L'articolo 5 interviene sull’art. 624-bis c.p., il quale disciplina il reato di furto in abitazione e furto con strappo.
L'art. 624-bis c.p. disciplina due autonome figure di reato: il furto in abitazione (comma primo) e il furto con strappo (comma secondo). Nel primo caso il fatto tipico consiste nel compiere l'azione furtiva "mediante introduzione in un edificio o in un altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa". La seconda autonoma figura criminosa consiste nello "strappare la cosa di mano o di dosso alla persona".
Il disegno di legge interviene sulla cornice sanzionatoria del delitto di furto in abitazione e di scippo, elevando la pena detentiva (nel minimo dagli attuali tre anni a quattro anni e nel massimo dagli attuali sei anni a sette anni). L'articolo 5 inoltre inasprisce anche il quadro sanzionatorio relativo alle condotte aggravate contemplate dal terzo comma dell'art. 624-bis c.p. In particolare la disposizione prevede un minimo edittale di cinque anni di reclusione (attualmente quattro anni), mentre il massimo resta quello attualmente previsto, pari a dieci anni, e la multa è rideterminata in un importo da un minimo di 1.000 euro (attualmente 927 euro) a un massimo di 2.500 euro (attualmente 2000 euro).
In proposito è opportuno ricordare che l'art. 624-bis è stato oggetto di modifica- anche sotto il profilo sanzionatorio- da parte della legge n. 103 del 2017.
Inoltre l'articolo 3 del disegno di legge, modificando l'articolo 165 c.p., prevede che nei casi di condanna per furto in appartamento la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.
L'articolo 6 del disegno di legge, infine, interviene sul reato di rapina di cui all'articolo 628 c.p.. La disposizione modifica la cornice sanzionatoria del reato: la pena della reclusione è elevata da 4 a 5 anni nel minimo, mentre resta fermo il massimo fissato a 10 anni. Per le ipotesi aggravate e pluriaggravate di cui rispettivamente al terzo comma e al quarto comma dell'articolo 628 c.p. il disegno di legge prevede un analogo inasprimento sanzionatorio. In particolare per la rapina aggravata la pena della reclusione è elevata nel minimo da 5 a 6 anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata in "da 2.000-4.000 euro" (a legislazione vigente da 1.290 a 3.098 euro). Per le ipotesi pluriaggravate la pena della reclusione è elevata nel minimo da 6 a 7 anni (il massimo resta fissato a 20 anni) e la pena pecuniaria è rideterminata in "da 2.500-4.000 euro" (a legislazione vigente da 1.538 a 3.098 euro).
In proposito è opportuno ricordare che anche l'art. 628 è stato oggetto di modifica sotto il profilo sanzionatorio- da parte della legge n. 103 del 2017.
Formulazione vigente |
Testo come modificato dall'AS 5 e conn. -B |
Art. 614 c.p. (Violazione di domicilio)
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Art. 614 c.p. (Violazione di domicilio)
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1. Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
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1. Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
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2. Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
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2. Identico al testo vigente |
3. Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
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3. Identico al testo vigente |
4. La pena è da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.
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4. La pena è da due a sei anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.
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Formulazione vigente |
Testo come modificato dall'AS 5 e conn. -B |
Art. 624-bis c.p. (Furto in abitazione e furto con strappo)
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Art. 624-bis c.p. (Furto in abitazione e furto con strappo)
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1. Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500. |
1. Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500. |
2. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona. |
2. Identico al testo vigente |
3. La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovver-++++o se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61. |
3. La pena è della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da euro 1000 a euro 2.500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61 |
4.Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti
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4. Identico al testo vigente |
Formulazione vigente |
Testo come modificato dall'AS 5 e conn.-B |
Art. 628 c.p. (Rapina)
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Art. 628 c.p. (Rapina)
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1. Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500. |
1. Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500. |
2. Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità. |
2. Identico al testo vigente |
3. La pena è della reclusione da cinque a venti anni e della multa da euro 1.290 a euro 3.098: |
3. La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2000 a euro 4.000: |
1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite; |
Identico al testo vigente |
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire; |
Identico al testo vigente |
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis; |
Identico al testo vigente |
3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa; |
Identico al testo vigente |
3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto; |
Identico al testo vigente |
Formulazione vigente |
Testo come modificato dall'AS 5 e conn.-B |
Art. 628 c.p. (Rapina)
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Art. 628 c.p. (Rapina)
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3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro; |
Identico al testo vigente |
3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne |
Identico al testo vigente |
4. Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.538 a euro 3.098 |
4. Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da euro 2.500 a euro 4.000 |
5.Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti. |
5. Identico al testo vigente |
2. Quadro normativo
2.1. La legittima difesa nel diritto penale:
a)...la normativa
L'istituto della legittima difesa si colloca tra le cause di giustificazione del reato e trova il suo fondamento nella necessità di autotutela della persona che si manifesta nel momento in cui, in assenza dell'ordinaria tutela apprestata dall'ordinamento, viene riconosciuta entro determinati limiti una deroga al monopolio dello Stato dell'uso della forza (vim vi repellere licet). La relativa disciplina è contenuta nell'art. 52 del codice penale.
Articolo 52 c.p. (Difesa legittima) Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa (primo comma). Nei casi previsti dall'art. 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione (secondo comma). La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale (terzo comma).
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I requisiti della legittima difesa appaiono quindi (primo comma):
- l'esistenza di un diritto da tutelare (proprio o altrui);
- la necessità della difesa;
- l'attualità del pericolo;
- l'ingiustizia dell'offesa;
- il rapporto di proporzione tra difesa e offesa.
Il secondo e terzo comma dell'art. 52 sono stati aggiunti dalla legge n. 59 del 2006 che ha introdotto la c.d. legittima difesa domiciliare (o legittima difesa allargata). Mediante il riferimento all'art. 614 c.p. (violazione di domicilio) è stabilito il diritto all'autotutela in un domicilio privato (secondo comma) oltre che in un negozio o un ufficio (terzo comma).
In proposito è opportuno segnalare che la giurisprudenza ha ritenuto che gli spazi condominiali rientrano nelle "appartenenze" dell'abitazione, ai sensi dell'art. 614, comma 1, c.p. e nei luoghi in cui viene presunto il rapporto di proporzione che legittima la privata difesa ex art. 52, comma 2, c.p. (Cassazione, Sentenza n. 8090 del 2017)
In tali ipotesi, è autorizzato il ricorso a "un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo" per la difesa legittima della "propria o altrui incolumità" o dei "beni propri o altrui"; in relazione alla difesa dei beni patrimoniali, ai fini della sussistenza della scriminante:
- il reo non deve avere desistito (dall'azione illecita)
- deve sussistere il pericolo di aggressione.
In presenza delle indicate condizioni, è stata introdotta una sorta di presunzione legale del requisito di proporzionalità tra difesa e offesa.
In generale, in relazione al rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa ai fini della configurabilità della sussistenza della legittima difesa, dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto opportuno di non limitarsi ad un confronto puramente statico tra i due beni contrapposti bensì di pervenire a un giudizio più articolato che tenga conto:
- del fatto che il bene dell'aggressore possa essere tutelato in misura minore rispetto a quello dell'aggredito; potrà essere ritenuta sussistente la scriminante anche quando sia sacrificato un bene di valore superiore rispetto a quello minacciato (il bene della vita dell'aggressore potrà, quindi, soccombere in presenza di un tentativo di violenza sessuale);
- di tutte le circostanze che concretamente possano influenzare il giudizio di proporzione difesa-offesa (intensità del pericolo, caratteristiche fisiche dell'aggredito e dell'aggressore, tempo e luogo dell'azione);
- dei mezzi di difesa a disposizione della vittima (in particolare, ove vi sia possibilità di scegliere tale mezzo).
Va rilevato come l'art. 52, secondo comma, non chiarisca espressamente a quali beni si riferisce il pericolo di aggressione (bene della vita e incolumità personale e/o beni patrimoniali).
Tuttavia, che tale pericolo debba intendersi riferito alla vita e alla incolumità delle persone presenti nel domicilio, oltre che da motivi sistematici, si ricava dagli stessi lavori preparatori della legge 59/2006. Nella seduta del Senato del 6 ottobre 2004 e del 19 ottobre 2004 , sia il primo firmatario della proposta di legge, sen. Gubetti, sia il relatore di maggioranza, sen. Ziccone, ribadirono tale impostazione: il primo precisò che "il pericolo di aggressione si riferisce alle persone e non alle cose..."; esemplificativamente, il sen. Ziccone affermò come il comportamento di chi spara alle spalle del ladro che scappa "era e rimarrà punibile anche dopo l'approvazione di questo disegno di legge, perché deve non solo, ripeto, non esserci la desistenza, ma deve esserci altresì un pericolo oggettivo di aggressione ovviamente alla persona (...) lo chiarisco in questa sede per evitare equivoci". Del resto, se il pericolo di aggressione fosse stato riferito solo ai beni patrimoniali, l'art. 52, secondo comma, c.p. risulterebbe in contrasto con l'art. 2, comma 2, della CEDU, che ammette la liceità dell'uccisione di una persona da parte del soggetto aggredito soltanto ove tale comportamento risulti "assolutamente necessario" per respingere una violenza illegittima in atto contro una persona e non una mera aggressione al patrimonio.
Complementare alla legittima difesa appare il tema dell'abuso della scriminante. Si parla di eccesso colposo di legittima difesa, a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c’è volontà di commettere un reato ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva. L'art. 55 c.p. prevede che "quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51 (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), 52 (difesa legittima), 53 (uso legittimo delle armi) e 54 (stato di necessità), si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo". E' quindi interesse del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante. La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice, che terrà conto di un complesso di circostanze oggettive: anche in tal caso, si tratta dell'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; dei mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e del modo in cui ne ha fatto uso; del bilanciamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce.
In proposito è opportuno segnalare quanto precisato in una recente sentenza dalla Corte di Cassazione (Sentenza n. 6972 del 2017). Il Giudice di legittimità in quella sede ha rilevato come l'eccesso colposo di cui all'art. 55 c.p. nella legittima difesa, dati i presupposti requisiti dell'aggressione ingiusta attuale e della necessità di difendersi, investa il requisito della proporzione della difesa rispetto all'offesa. L'assenza dei presupposti di cui innanzi (specificamente del bisogno di rimuovere un pericolo attuale), impedisce, pertanto, a parere della Suprema Corte, di ravvisare l'eccesso colposo, che si caratterizza per l'erronea valutazione di detto pericolo e della adeguatezza dei mezzi usati.
b)...la giurisprudenza
La giurisprudenza successiva alla riforma del 2006 ha, in definitiva, dimostrato come la presunzione legale introdotta per la violazione di domicilio non sia stata in grado di superare i rigorosi limiti di liceità della legittima difesa previsti dall'art. 52, primo comma, del codice penale. Tale presunzione - secondo giurisprudenza consolidata - incidendo solo sul requisito della proporzione, non fa venir meno la necessità da parte del giudice di accertare la sussistenza degli altri requisiti, il pericolo attuale, l'offesa ingiusta e la necessità-inevitabilità della reazione difensiva a mezzo delle armi (in tal senso, tra le altre, Cassazione, Sentenze n. 691 del 2014, n. 23221 del 2010, n. 25653 del 2008).
Secondo una ulteriore pronuncia (Cassazione, Sentenza n. 50909 del 2014), in tema di legittima difesa, la legge n. 59 del 2006, introducendo il comma secondo dell'art. 52 del codice penale, ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione del domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza, ferma restando la necessità del concorso dei presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità.
La Cassazione ha ritenuto come lo stesso ingresso fraudolento o clandestino nella dimora dell'aggredito, in carenza sempre della aggressione o della esposizione della controparte ad un pericolo alla propria vita o incolumità, non acquisisca rilievo per invocare la scriminante della legittima difesa; la Suprema Corte ha negato l'esimente in presenza di "un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora" (v. Sentenza n. 12466 del 2007). Con tale locuzione, quindi, il Collegio ha lasciato intendere la impossibilità di derogare al principio di proporzionalità fra aggressione e difesa (di cui il legislatore del 2006 ha imposto la presunzione).
Come previsto dall'art. 52, secondo comma, c.p., nell'ipotesi in cui l'aggredito agisca per difendere beni patrimoniali necessita il duplice requisito della non desistenza e del pericolo di aggressione.
Proprio la legittimità della difesa dei beni patrimoniali è stata oggetto di pronunce che - ferma restando la necessità del doppio citato requisito (non desistenza e pericolo di aggressione) - hanno sempre valutato rigorosamente anche la presunzione del rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa di cui al secondo comma dell'art. 52. Importanza dirimente continua ad avere, ai fini del giudizio di proporzione, il confronto tra il bene dell'aggredito (posto in pericolo dall'aggressore) e il bene dell'aggressore (posto in pericolo dalla reazione dell'aggredito). In tale direzione, le posizioni giurisprudenziali (oltre che dottrinarie) in materia appaiono consolidate fin dai primi casi sottoposti al giudizio della Cassazione dopo la riforma del 2006.
Nella Sentenza n. 32282 del 2006 - successiva alla novella introdotta all'art. 52 c.p. - la Cassazione affrontò un caso in cui all'imputato era contestato l'eccesso di legittima difesa per avere esploso un colpo di pistola dalla finestra dell'abitazione contro la vittima in fuga, che in seguito moriva per le lesioni riportate (quest'ultimo si era introdotto nella sua abitazione per un tentativo di furto, previa effrazione di una finestra). Dopo che in primo grado l'imputato era stato assolto (perché il fatto non sussiste), la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata, riconosceva la responsabilità penale dell'imputato. Secondo i giudici di legittimità, anche dopo la novella legislativa del 2006, non viene meno il rapporto di proporzione di cui al primo comma dell'art. 52 c.p. e si concretizza l'esimente quando l'uso di un'arma ha come fine ultimo quello di "difendere la propria o altrui incolumità", ovvero "i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione". La Corte ha ritenuto, pertanto, l'imputato colpevole dell'eccesso di legittima difesa in quanto dalle risultanze processuali si evinceva che non sussisteva un "pericolo di aggressione" e la vittima, dandosi alla fuga, aveva in sostanza desistito dal suo iniziale intento aggressivo. Per la Cassazione, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, per integrare la scriminante della legittima difesa, deve essere vagliato secondo il criterio della proporzione di cui al primo comma art. 52 c.p e tale valutazione deve pur sempre operare in relazione alla situazione concreta sussistente nel momento in cui si faccia uso dell'arma.
Analoghe posizioni sono state confermate dalla giurisprudenza successiva. La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 28802 del 3 luglio 2014, ha ritenuto che, anche la presunzione legale di proporzionalità nella legittima difesa domiciliare non potrà giustificare l'uccisione con uso legittimo delle armi di un ladro introdottosi in casa quando sia messo in pericolo soltanto un bene patrimoniale dell'aggredito (anche nel caso in oggetto, il proprietario, dopo aver sorpreso il ladro in casa, gli aveva sparato dalla finestra della propria abitazione per impedire il furto della propria autovettura).Si può concludere quindi che a diversa conclusione sarebbero potuti pervenire i giudici di legittimità ove l'aggressione al bene patrimoniale fosse stata accompagnata dal pericolo di una offesa alla vita o comunque all'incolumità fisica del proprietario della vettura o di un terzo.
2.2. La legittima difesa nel diritto civile
L'articolo 2044 c.c. prevede che non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri. La disposizione prevede quindi una causa di esclusione dell'antigiuridicità, per la quale un fatto, astrattamente configurabile come fonte di responsabilità, perde, in ragione del ricorrere di tale particolare circostanza, i tratti di riprovevolezza.
La nozione di legittima difesa "civilistica", secondo la dottrina e la giurisprudenza, sembra operare un rinvio implicito alle disposizioni che, in materia penale, regolano l'istituto della legittima difesa.
Pertanto per l'accertamento della sussistenza di tale scriminante (idonea ad escludere la responsabilità per fatto illecito) è necessario il concorso di due elementi:
- la necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di una offesa ingiusta e
- la proporzione tra l'offesa e la difesa.
Tuttavia le due nozioni- quella civilistica e quella penalistica- di legittima difesa non possono ritenersi del tutto sovrapponibili.
In primo luogo è opportuno rilevare come dall'analisi della giurisprudenza sembra potersi dedurre una nozione strettamente civilistica di legittima difesa, per la quale l'articolo 2044 c.c. ha trovato applicazione con riguardo a situazioni non riconducibili a vicende processuali penali, nelle quali la analoga scriminante è venuta in rilievo. Si vedano in proposito, a titolo esemplificativo, Cass. civ. Sez. VI - 1 Ordinanza 23 maggio 2018, n. 12820 (in tale caso la Cassazione ha affermato che possa essere ritenuta "legittima" -e quindi non causa un danno risarcibile- la reazione dell'imprenditore che sia danneggiato dalla condotta sleale di un concorrente, solo quando risponde ai parametri della continenza generale e della proporzionalità rispetto all'offesa ricevuta) e Tribunale Torino, Sentenza 21 aprile 1983 Soc. Sorin Biomedica c. Shiley Sales corp. (in tale caso è stata ritenuta lecita la pubblicità contenente apprezzamenti sfavorevoli idonei a screditare il prodotto concorrente, quando tale comportamento sia il mezzo necessario per reagire contro l'attacco altrui).
In secondo luogo è necessario sottolineare come siano nette le differenze tra l'impostazione civilistica e quella penalistica: nell'ordinamento penale la legittima difesa sospende la punibilità del reo, anche se non sospende l'antigiuridicità dell'azione; nella responsabilità civile, con il dichiarare non responsabile il difensore legittimo viene negata l'antigiuridicità dell'azione. Secondo la giurisprudenza (si vedano a titolo esemplificativo Cass.civ. Sez. III, Sentenza 25 febbraio 2009, n. 4492 e Cass. Civ. Sez. III, Sentenza 24 febbraio 2000, n. 2091) l'identità concettuale tra l'art. 52 c.p. e l'art. 2044, deve comunque confrontarsi, oltre che con il favor rei che ha valenza generale in materia penale, con le diverse regole che presiedono la formazione della prova nel processo civile e penale, con la conseguenza che, mentre nel giudizio penale la semiplena probatio in ordine alla sussistenza della scriminante comporta l'assoluzione dell'imputato ex art. 530, 3º co., c.p.p., nel giudizio civile il dubbio si risolve in danno del soggetto che la invoca e su cui incombe il relativo onere della prova. Da ciò consegue che uno stesso fatto, pur essendo "scriminato" sul piano penale, potrebbe comunque costituire illecito sul piano civile, con conseguente obbligo risarcitorio in capo all'autore.
La Direzione
(29 marzo 2019)
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