Corte di Cassazione
Beneficio "prima casa": la diversa residenza dei coniugi non blocca l'agevolazione
Per gli acquisti in regime di comunione il "no" della Suprema Corte alla revoca pro quota nella sentenza del 23.12.2015 n. 25892.
"Il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l'immobile acquistato venga adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione".
È questo il principio sancito dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta, nella sentenza del 23 dicembre 2015 n. 25892, sulla cui base la Corte decidendo direttamente la causa nel merito ha accolto il ricorso proposto da una contribuente contro l'avviso di liquidazione con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva revocato pro quota il beneficio cosiddetto "prima casa" relativamente all'acquisto da parte della contribuente e del marito "in regime di comunione" di un'abitazione.
Prima la Commissione Tributaria Provinciale, poi quella Regionale avevano rigettato il ricorso ritenendo che la contribuente non potesse usufruire pro quota del beneficio in quanto il marito era al momento dell'acquisto già residente nel Comune, mentre la contribuente aveva preso la residenza dopo diciotto mesi e ciò si poneva quindi, in contrasto con l'art. l, Nota II bis, Parte Prima, Tariffa allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 che condizionava il riconoscimento dell'agevolazione al tempestivo trasferimento della residenza nel Comune dell'abitazione acquistata.
La Suprema Corte, con la sentenza in rassegna, ha richiamato i propri precedenti giurisprudenziali evidenziando che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art. 143 c.c.), quindi, una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia induce a considerare che la coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari, in quanto ciò che conta non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia.
La norma tributaria va letta ed applicata nel senso che "diventa prevalente l'interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un'altra entità, quale la famiglia".
Fonte: Corte di Cassazione
Enrico Michetti
La Direzione
(28 dicembre 2015)
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