Corte di Cassazione
Licenziato il dipendente che pubblica vignette satiriche su Facebook
Licenziamento ritorsivo. La diffusione sul web. La sentenza della Suprema Corte.
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Facebook e Licenziamenti - Puntata 079 - II Stagione
Era stato licenziato per aver gravemente offeso l'immagine dell'azienda presso cui lavorata pubblicando su una chat privata del social network Fecebook, denominata "Vaselina day" (nella quale i lavoratori si scambiavano informazioni sull'incontro sindacale per il rinnovo del contratto integrativo) una immagine raffigurante un coperchio di vasellina cui era sovrapposto un disegno ed il marchio dell'azienda, una caricatura di spalle con il dito medio puntato sul fondoschiena e la scritta "*(nome dell'azienda) Vaselina la trovi nei migliori outlet".
Impugnato il licenziamento disciplinare, il giudice del lavoro lo annullava sotto il profilo della mancanza di proporzionalità, successivamente veniva altresì rigettava la opposizione proposta dalla società, ritenendo la fattispecie riconducibile all'ipotesi di insussistenza del fatto disciplinare, ex articolo 18 co. 4 L. 300/1970, per essere stato esercitato il diritto di critica e di satira.
La Corte di Appello rigettava il reclamo della società e dichiarava la nullità del licenziamento in quanto ritorsivo applicando il comma 1 dell'articolo 18.
In particolare, la Corte territoriale rilevava che il dipendente aveva dedotto il carattere ritorsivo del licenziamento, rappresentando di essere stato originariamente assunto a tempo determinato ed inserito nell'organico aziendale solo a seguito della impugnazione in via giudiziaria della apposizione del termine. L'addebito disciplinare rappresentava un pretesto per allontanare un lavoratore rientrato da appena un anno in esito al precedente contenzioso, che si era dimostrato, con la partecipazione attiva alla chat, per nulla remissivo alle iniziative datoriali sulla organizzazione del lavoro, cercando di coinvolgere altri colleghi nella contestazione nella fase di rinnovo degli accordi sindacali aziendali. Era assente un motivo legittimo di licenziamento, come evidente per la banalità del fatto contestato: la immagine pubblicata recava una vignetta satirica non dissimile alle rappresentazioni quotidianamente diffuse dai mass media; il disegno aveva ricevuto una diffusione limitata ai dieci colleghi partecipanti alla chat. L'accesso dall'esterno restava poi del tutto eventuale e legato ai contatti dei singoli aderenti alla chat e non risultava che la vignetta avesse avuto diffusione ulteriore sul web e che potesse avere qualche interesse per il pubblico degli acquirenti del marchio aziendale. L'unico motivo determinante era dunque quello ritorsivo.
La vicenda è giunta innanzi alla Suprema Corte di Cassazione che, con sentenza pubblicata il 31 gennaio 2017, ha rigettato il ricorso proposto dalla Società ritenendo, tra l'altro, corretta la valutazione del giudice del merito che ha escluso la potenziale lesione dell'immagine aziendale derivata dalla condotta contestata argomentando sulla limitata diffusione della vignetta (tra i dieci partecipanti alla chat) e sulla assenza di prova di una sua divulgazione all'esterno dell'ambiente di lavoro.
Fonte: Massimario Gazzetta Amministrativa
Per il testo integrale della sentenza clicca qui
La Direzione
(18 febbraio 2017)
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