Corte di Cassazione
La digitalizzazione limita i furbetti degli appalti
Il passaggio dall'Albo pretorio cartaceo a quello on line. I vecchi metodi per turbare le gare.
L'importanza delle digitalizzazione, dematerializzazione e trasparenza nella Pubblica amministrazione si coglie appieno laddove ci si soffermi a leggere la sentenza della Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale, pubblicata in data 20.4.2017 n. 18960.
In particolare, in questo caso importante non è tanto la parte in diritto della sentenza, quando la descrizione dei fatti dalla quale emerge quel consueto modus operandi per pilotare gli appalti ritualmente utilizzato fino all'anno 2009, oggi definitivamente superato.
Facciamo un passo indietro e ricordiamo che è solo a partire dal 2010 che entrerà in vigore la legge n. 69/2009 la quale ha previsto la sostituzione del vecchio albo pretorio cartaceo (dove comuni devono per legge pubblicare gli atti e i provvedimenti comunali) - di solito nascosto nel sottoscala del Comune - con l'Albo Pretorio on line.
Fino all'anno 2009, quindi, nei comuni poteva accadere che il foglio contenente per esempio il bando di concorso o la gara di appalto cadesse "involontariamente" in terra o venisse coperto da tanti di quegli avvisi che il cittadino non riusciva a notarlo oppure pubblicato a ferragosto o alla vigilia di natale.
L'albo pretorio cartaceo si prestava quindi, facilmente a facilitare turbative di gare, come nella vicenda giunta innanzi alla Corte di Cassazione che ha visto un dipendente comunale condannato per il reato di turbativa di gara in concorso con altri (artt. 110 e 353 del codice penale) poiché nel preparare un avviso pubblico, con collusioni e mezzi fraudolenti (pubblicava il bando durante il periodo natalizio) turbava la gara determinando la partecipazione alla procedura concorsuale di una sola ditta.
Storie come queste oggi con l'avvento della digitalizzazione sono solo vecchie vicende che si stanno esaurendo anche dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
La Direzione
(4 maggio 2017)
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