Tar Sardegna
Lottizzazione abusiva cartolare: quando non conta la buona fede di chi acquista il lotto frazionato
Se la trasformazione del territorio è talmente manifesta da risultare evidente anche agli occhi di un soggetto inesperto.
A seguito di sopralluogo fu accertata l’esecuzione di una presunta attività lottizzatoria abusiva nell’agro di un grande Comune sardo: infatti, da un vastissimo appezzamento di terreno sono derivati, a seguito di ripetuti frazionamenti, una serie di lotti, ceduti ad oltre ottanta acquirenti. Tale attività lottizzatoria, oltre che nel suddetto frazionamento e vendita di lotti, si è concretizzata nella trasformazione urbanistico-edilizia del terreno mediante la realizzazione di opere edilizie in assenza di concessione.
Il Comune emetteva quindi un provvedimento col quale veniva ingiunta l’immediata sospensione dell’attività lottizzatoria e l’eventuale interruzione delle opere in corso di esecuzione. Inoltre veniva ingiunto il divieto di disporre per atto tra vivi dei suoli e delle opere, disponendo la trascrizione del provvedimento nei pubblici registri immobiliari ed, infine, è stata disposta l’acquisizione gratuita al patrimonio disponibile del Comune, con immissione in possesso dell’Amministrazione comunale.
Uno degli acquirenti ha proposto ricorso al TAR allegando la propria buona fede nell’acquisto del fondo.
Il TAR sardo, con sentenza 9 marzo 2018, ha innanzitutto ribadito il principio secondo il quale la sussistenza di univoci elementi di fatto – quali il frazionamento di più ampio terreno in numerosi lotti aventi dimensioni variabili, ma modeste, la successiva alienazione a soggetti diversi, la vicinanza degli stessi lotti ad un importante centro urbano, la creazione di un sistema viario per l’accesso a tutti i lotti e la vicinanza ad una strada pubblica – individua un disegno unitario finalizzato a concretizzare la fattispecie della lottizzazione abusiva, quanto meno nella forma cd. “cartolare”, la quale si perfeziona in presenza dei succitati “indici rivelatori”, a prescindere dalla eventuale buona fede degli acquirenti, che potrà semmai assumere rilievo nei rapporti di natura privatistica tra gli stessi e il loro dante causa.
Per quanto concerne la posizione specifica del ricorrente, secondo il quale egli sarebbe estraneo all’attività che ha portato al frazionamento dei terreni e sarebbe altresì acquirente in buona fede, il Collegio ha ritenuto che i richiamati “indici rivelatori” devono ritenersi sufficienti ai fini della sussistenza di un’ipotesi di lottizzazione abusiva e della legittimità delle conseguenti sanzioni, a prescindere dalla eventuale buona fede degli acquirenti, aggiungendo a tal specifico proposito che nel caso di lottizzazione abusiva è irrilevante non solo in sede penale, ma anche amministrativa, l’asserita buona fede degli acquirenti dei singoli lotti risultanti dal frazionamento che, in ipotesi, facciano risalire la responsabilità della lottizzazione abusiva esclusivamente sui loro danti causa, trattandosi di una situazione in cui rileva, dal punto di vista urbanistico, la sussistenza di un abuso oggettivo, fermo restando che la tutela dei terzi acquirenti di buona fede, estranei all’illecito, può essere fatta da essi valere in sede civile nei confronti dell’alienante.
Nel caso di specie, peraltro, il TAR si è spinto oltre, ritenendo che il ricorrente avrebbe ben potuto, alla luce di un criterio di ordinaria diligenza nell’adempimento dei necessari doveri di informazione e conoscenza, rendersi conto che anche il proprio acquisto rientrava in una serie innumerevole di frazionamenti, della sussistenza di opere di urbanizzazione e manufatti abusivi e conseguentemente della possibile sussistenza, nel caso di specie, di un’operazione di illecita lottizzazione.
In altri termini, l’asserita buona fede non può ritenersi sussistente poiché la verifica dello stato dell’immobile oggetto di compravendita, operazione sicuramente necessaria nelle normali compravendite per chi agisce con ordinaria diligenza, unitamente al riscontro del contesto nel quale l’immobile era inserito, evidentemente effettuato al momento del sopralluogo in funzione della decisione di acquisto, rendevano evidente l’esistenza di uno sfruttamento anomalo del territorio rispetto alla normale destinazione agricola anche agli occhi di un inesperto cittadino.
Questo anomalo utilizzo del compendio agricolo non poteva che condurre anche l’inesperto cittadino, usando l’ordinaria diligenza, a chiedere informazioni ad un tecnico del settore o quanto meno a rappresentare la situazione al notaio rogante.
Fonte: Massimario G.A.R.I.
Rodolfo Murra
(18 marzo 2018)
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