CORTE COSTITUZIONALE
Bollo auto: le Regioni hanno cosí tanta autonomia legislativa?
La Corte boccia (per la seconda volta) una legge ligure, dettata in tema di requisiti per l'esenzione.
La Regione Liguria emanava la L. n. 3 del 2005 ai sensi del cui art. 10 si prevedeva, per gli autoveicoli e motoveicoli ultradiciannovennali ad uso privato destinati esclusivamente al trasporto di persone, iscritti nei registri Automotoclub Storico Italiano (ASI) e Federazione Motociclistica Italiana (FMI), doversi applicarsi la tassazione agevolata (di cui al comma 2 dell’art. 63 della L. 21 novembre 2000 n. 342) in relazione al c.d. “bollo auto”.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 455 del 2005, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della stessa legge, nel suo testo originario, perché ampliava il novero dei soggetti chiamati ad individuare i veicoli di interesse storico esentati dal regime ordinario della tassa automobilistica in ragione di quanto previsto dall’art. 63, comma 2, della legge n. 342 del 2000; e ciò per la ritenuta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Costituzione, in linea, del resto, con l’orientamento, ribadito anche in epoca successiva alla intervenuta attuazione della riforma del Titolo V, Parte seconda, della Costituzione, che ascrive alla tassa in questione la natura di tributo proprio derivato. Natura in ragione della quale, dunque, risulterebbe preclusa alle Regioni a statuto ordinario la possibilità di disciplinare autonomamente i presupposti sostanziali della relativa imposizione fiscale.
Nel corso di un contenzioso tributario che aveva ad oggetto l’applicazione del nuovo testo normativo, la Commissione Tributaria Regionale sospettava di incostituzionalità la norma censurata, nella sua stesura attuale, la quale sarebbe ancora in conflitto con il medesimo parametro competenziale, perché continua ad incidere sulla disciplina delle agevolazioni dettata, in riferimento alla tassa in questione, dalla normativa statale, restringendone il portato di operatività.
In particolare, mentre la norma statale – abrogata poi dall’art. 1, comma 666, lettera b), della L. 23 dicembre 2014 n. 190 – legava l’applicabilità dell’agevolazione alla riconducibilità del veicolo alle categorie, di anno in anno, prese in considerazione dalla determinazione generale resa dall’ASI o dalla FMI, quella censurata, per contro, subordina l’efficacia del relativo regime fiscale di favore alla necessaria iscrizione del veicolo nei registri tenuti dai suddetti enti.
Di qui la rimessione alla Corte delle leggi.
Secondo la Consulta, il tenore letterale della disposizione censurata non lascia spazio ad interpretazioni diverse da quella offerta dalla Commissione rimettente, non potendosi disconoscere il contrasto di contenuti tra la disciplina regionale e quella statale posto a fondamento della questione; e ciò in considerazione dell’inequivoco riferimento alla iscrizione del veicolo nei registri tenuti dalla ASI e dalla FMI quale ragione giustificatrice cui risulta legata, nella disciplina regionale, l’esenzione portata alla attenzione della Corte.
Premesso che non rileva l’intervenuta abrogazione – ad opera dell’art. 1, comma 666, lettera b), della L. 23 dicembre 2014 n. 190 – dell’art. 63, commi 2 e 3, della L. n. 342 del 2000, presupposto fondante, anche in termini di contenuto, dell’esenzione (ulteriormente) disciplinata dalla norma regionale censurata (posto che le disposizioni abrogate erano, infatti, certamente in vigore sia al momento dell’emanazione della norma regionale censurata, sia alla data di insorgenza del presupposto relativo alla tassa oggetto del giudizio principale), la Corte costituzionale con sentenza 22 novembre 2018 n. 209 ha dichiarato l’incostituzionalità della disposizione normativa in questione.
E’ stato ritenuto, infatti, che il vulnus addotto dalla rimettente è analogo a quello a suo tempo denunziato dal Governo e riscontrato dalla medesima Corte con la citata sentenza n. 455 del 2005 con riguardo alla originaria formulazione dell’art. 10, comma 1, della L. reg. Liguria n. 3 del 2005.
L’attuale versione della disposizione censurata, al pari della precedente, disciplina l’agevolazione in esame in termini diversi da quanto previsto dalla disciplina nazionale all’epoca vigente. Appare destinata, dunque, a confrontarsi con i presupposti oggettivi e sostanziali del tributo in esame e con la natura che si intenda ascrivere allo stesso, così da mettere in discussione la competenza del legislatore regionale in relazione a quanto previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
I giudici costituzionali hanno ribadito che, con riferimento alle Regioni a statuto ordinario e nel periodo di tempo successivo alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, deve escludersi che la tassa in esame possa ritenersi un tributo proprio della Regione ai sensi del combinato disposto degli artt. 117, quarto comma, e 119, secondo comma, Cost.
Di qui la più volte ritenuta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in relazione a norme regionali che incidevano sulle ipotesi di esenzione dalla tassa automobilistica o modificavano la disciplina dei termini per l’accertamento del tributo, non potendo le Regioni integrare la disciplina statale quanto ai presupposti sostanziali del tributo in questione.
E dunque, al pari di quella originaria, anche la disciplina tracciata dall’attuale formulazione della disposizione regionale in esame si discosta dalla normativa statale di riferimento, giacché regola diversamente i presupposti del regime di favore previsto dal combinato disposto dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 63 della L. n. 342 del 2000, vigente all’epoca dell’emanazione della norma sottoposta al dubbio di legittimità costituzionale. In particolare, la normativa regionale introduce un presupposto aggiuntivo per la esenzione, quello della necessaria iscrizione del singolo veicolo presso i registri all’uopo tenuti dall’ASI o dalla FMI: iscrizione non contemplata dalla normativa nazionale.
Mattia Murra
(28 novembre 2018)
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