Consiglio di Stato
Equitalia condannata per aver negato l'accesso alle cartelle di pagamento
Illegittimo il silenzio-rifiuto sulla richiesta di accesso alle copie perché impedisce al contribuente quelle verifiche che evitano contenziosi in ipotesi di effettiva e regolare notifica della cartella.
Giornata nera per Equitalia che e' stata condannata oggi per ben due volte dal Consiglio di Stato.
Impedire al contribuente, anche solo con il silenzio-rifiuto, di ottenere copie delle cartelle di pagamento e delle relazioni di notificazione dei ruoli equivale ad impedirgli di effettuare quella verifica preliminare che consente di evitare inutili contenziosi in ipotesi di effettiva e regolare notifica della cartella. Questo il principio espresso dal Consiglio di Stato nella prima sentenza n. 4210 depositata in data odierna con la quale e' stata annullata la decisione del TAR che aveva ritenuto inammissibile la richiesta di accesso formulata da una società alla concessionaria Equitalia ed all’Amministrazione Finanziaria centrale e periferica per ottenete le cartelle di pagamento ed le rispettive relazioni di notificazione.
Il TAR, infatti, non avrebbe tenuto conto della circostanza che in strutture imprenditoriali complesse possa in una stragrande maggioranza dei casi (e soprattutto quando si tratti di atti asseritamente recapitati in epoca risalente) essere particolarmente disagevole, per non dire impossibile, accertare il presupposto di fondo riposante nella effettività del detto recapito.
In simile situazione, è perfettamente logico che il destinatario di una intimazione chieda contezza di tale circostanza, rivolgendosi ai soggetti che, sulla base di tale presupposto, hanno intrapreso un’azione esecutiva nei propri confronti o stiano per intraprenderla.
Nella sentenza peraltro viene precisato, richiamandosi a principi già enunciati, come “la cartella di pagamento" e l' "estratto cartella" stampigliato come "copia conforme dell'estratto di ruolo", siano documenti diversi e, quindi, la consegna di quest'ultimo non può soddisfare la richiesta del contribuente.
Nella stessa giornata di oggi, inoltre, come anticipato in premessa, con sentenza n. 4209/2014 il Consiglio di Stato ha condannato Equitalia in una fattispecie analoga precisando che: "D’altro canto è ben noto che Equitalia (comma 4 dell'art. 26 D.P.R. n. 602 del 1973 ) deve conservare la relata e la cartella solo per 5 anni, ma la detta disposizione tributaria stabilisce che “il concessionario (119) deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso di ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione”: non si vede pertanto per qual ragione si dovrebbe negare al destinatario della intimazione il diritto ad accedere alla detta documentazione richiesta (ove ovviamente, come incontestato nel caso di specie, facente riferimento all’arco temporale quinquennale suindicato)."
I giudici di Palazzo Spada hanno, quindi, ordinato ad Equitalia in endrambe le sentenze di rilasciare copia della documentazione richiesta condannandola al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore del contribuente.
Enrico Michetti
La Direzione
(6 agosto 2014)
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