Lavoro e Diritto
Bollino blu antipedofilia per lavorare con i minori
Certificazione necessaria per il datore di lavoro che intende assumere lavoratori che svolgono attività a contatto di minori
È entrato in vigore il 6 aprile 2014 il d.lgs. 39/2014 (in G.U. n.68 del 22 marzo 2014) di lotta alla pornografia minorile e contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori. In particolare si segnala quanto disposto con l’art. 2 circa le modifiche apportate al DPR n.313/2002 relativamente a sanzioni comminate ai datori di lavoro, segnatamente all’introduzione dell’art. 25 bis del citato DPR 313, inerente l’introduzione del certificato penale del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro a seguito del novellato:
“1. Il certificato penale del casellario giudiziale di cui all'articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l'esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l'irrogazione di sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.».
2. Il datore di lavoro che non adempie all'obbligo di cui all'articolo 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre, n. 313, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 10.000,00 a euro 15.000,00.
Ebbene tale art. aggiuntivo, il 25 bis, reca disposizioni puntuali per l’impiego al lavoro di persone che, in ragione delle mansioni attribuite, hanno contatti diretti con minori. In sintesi, il d.lgs. 39/2014 introduce, in capo al datore di lavoro, l’obbligo di acquisire il certificato penale del casellario giudiziale, prima di stipulare un qualsivoglia nuovo contratto di lavoro dipendente. Obbligo che non sorge nel caso in cui ci si avvalga di forme di collaborazione ovvero lavoro atipico, e quindi non strutturate come vere e proprie tipologie di rapporti di lavoro standard. Da qui l’esatta individuazione del Legislatore che prevede la comminazione della sanzione amministrativa pecuniaria (di rilevante entità) per un importo che va dai 10.000 ai 15.000 euro in capo al “datore di lavoro” assumendo, con questa veste giuridica, l’ambito vincolante di applicazione della norma.
Da questo aspetto partono legittime perplessità interpretative della norma, sul punto inerente la richiesta del certificato del casellario per soggetti ovvero indirettamente associazioni di riferimento svolgenti “attività volontarie organizzate” o per meglio dire di volontariato, per le quali potrebbe individuarsi una oggettiva estraneità nonostante una lettura vincolante della norma.
Anche il grande impatto della norma relativamente alle potenziali categorie di lavoratori interessati assurge a tema derimente. Lavoratori delle istituzioni scolastiche; personale medico e paramedico degli ospedali e reparti pediatrici; personale dei centri sportivi e ricreativi, dei centri estivi, dei parchi giochi, beby sitter; personale domestico; ecc.
Non da meno è anche il problema di natura burocratica ovvero il carico esponenziale di lavoro per le procure della Repubblica, i tempi di rilascio dei certificati ed il loro costo; la validità temporale degli stessi; la possibilità di autocertificazione in attesa del certificato originale; gli oneri della vigilanza per appurare eventuali inadempienze dei datori di lavoro.
Non da ultimo è anche il problema attinente al fatto che il certificato del casellario evidenzia l’omnicomprensività di più tipologie di eventi delittuosi passati in giudicato con sentenze definitive e non soltanto per le fattispecie previste dalla norma in argomento.
Probabilmente il legislatore comunitario e nazionale aveva animo la tutela dei minori tout court e pertanto sarebbe stato magari più stringente un intervento normativo che prevedesse altresì la verifica per accadimenti inerenti la pedofilia rilevabili più analiticamente con il ricorso anche ai cosiddetti carichi pendenti.
Stefano Olivieri Pennesi
(11 aprile 2014)
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