Autorità Nazionale Anticorruzione
Caso De Magistris:
Cantone contro il TAR Campania
Chiesto l'intervento della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel giudizio di legittimità costituzionale.
Con l’ordinanza n. 1801 del 31.10.2014, sul ricorso presentato dal Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, il TAR Campania ha dichiarato “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, primo comma, lettera a) del d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235, in relazione all’art.10, primo comma lettera c) del medesimo decreto legislativo perché la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto con gli artt. 2, 4, secondo comma, 51, primo comma e 97, secondo comma della Costituzione...”.
Su tale decisione, è intervenuto il parere del Presidente dell’Autorità di Anticorruzione che ritiene opportuno "l’intervento nel giudizio di legittimità costituzionale della Presidenza del Consiglio a tutela di strumenti di garanzia dell’imparzialità dell’amministrazione, da applicarsi sia in presenza di sentenza definitiva per il compimento di reati di grave allarme sociale e di reati contro la pubblica amministrazione, sia in presenza (per gli amministratori regionali e locali) di sentenza non definitiva”.
Il pugno duro del presidente Cantone è diretto ad evitare la riduzione della portata e dell'efficacia delle misure che escludono dalle cariche pubbliche coloro che siano stati condannati per reati che la legge considera pregiudizievoli della moralità e dell'imparzialità dell'amministrazione.
Nel parere l’Autorità evidenzia le numerose contraddizioni presenti nell'ordinanza del TAR Campania atteso che “se si riconoscesse il carattere sanzionatorio delle misure che precludono l’accesso alle cariche pubbliche non si vede come ci possa allineare alla giurisprudenza (anche costituzionale) che fa salva l’incandidabilità e la decadenza in presenza di una sentenza definitiva, per poi sostenere l’incostituzionalità della sospensione dalla carica in presenza di condanna non definitiva. “.
Sul punto, l’Autorità richiama a sostegno delle proprie argomentazioni anche la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la quale si enucleano i tre criteri principali (cd criteri Engel) per la qualificazione penalistica di una sanzione in base ai quali si potrebbe effettuare la verifica sopramenzionata ovverosia la qualificazione dell’illecito operata dal diritto interno, la natura dell’illecito ed, infine la gravità della sanzione.
Relativamente poi al principio dell’irretroattività, l’Autorità evidenzia che “l’applicazione delle cause ostative del citato decreto 235/2012 anche in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore del medesimo decreto nei confronti dei quali sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna, non si pone in contrasto con il principio dell’irretroattività delle norme penali e più in generale delle disposizioni sanzionatorie afflittive, giacché le norme in esame non hanno natura, neppure in senso ampio, sanzionatoria, penale o amministrativa, la cui ragione risiede nel fatto che, è vietato ricoprire taluni uffici pubblici, per intervenuta immoralità o indegnità a ricoprirli, dopo una sentenza di condanna.”
Per approfondire scarica il Parere.
Emanuele Riccardi
(3 dicembre 2014)
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