Corte dei conti
A Rebibbia spariscono le sigarette, ma senza prove nessun colpevole
I conti ora tornano! I giudici contabili risolvono la controversia insorta tra l'agente contabile del Carcere di Rebibbia e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha inviato alla Procura una denuncia di danno erariale. La verifica ispettiva effettuata nel 2009 dal Provveditorato Regionale per il Lazio, presso la Casa di Reclusione di Rebibbia, aveva fatto emergere una discordanza nella gestione contabile dell’Istituto. L’ammanco di cassa era nella Gestione Tabacchi e Valori Bollati (€ 2000,00) oltre al valore dei pacchetti di sigarette mancanti ( € 246,78).
Le prove fornite dalle parti sono state determinanti.
La Procura, da un lato, non ha avuto esitazioni e ha chiamato in giudizio il contabile della Casa circondariale, affermando una “presunzione di colpa” nei suoi confronti. La normativa, infatti, sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato è chiara: gli agenti contabili sono i responsabili e pertanto “debbono render il conto della gestione”. Questi se omettono l’esercizio degli obblighi incombenti sul contabile e gli adempimenti di servizio, risultano, da dati oggettivi e fattuali, responsabili.
L’agente contabile, d’altro canto, è riuscito a dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati. La Corte dei Conti, sez. giur. per la Regione Lazio, ha infatti stravolto le argomentazioni difensive della Procura. Il contabile, mediante documentazione prodotta, ha provato che le entrate maturate sono state regolarmente versate al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il quale non ha mai rilevato alcun errore e fatto alcuna segnalazione. Inoltre, è risultata provata anche la discordanza contestata. Il CED ( Centro Elaborazione Dati) scriveva, nel 2005, sia al Direttore della Casa di Reclusione di Roma che a quello di Rieti, comunicando che a seguito di disallineamento degli archivi si era verificata una perdita di dati.
Le discordanze così evidenti e incastranti per la Procura, non sono apparse sufficienti ai fini dell’affermazione della responsabilità contabile. L’accusa è risultata carente di elementi essenziali, atti a sostenere l’addebito, non essendo stato dimostrato quali siano effettivamente le quantità mancanti e da quali operazioni dettagliate traggano origine.
Senza la prova della perdita economica non può affermarsi l’esistenza del danno e con sentenza n. 550/2014, i giudici contabili hanno assolto il “povero” malcapitato.
Gianmarco Sadutto
(4 luglio 2014)
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