Rapporto annuale Istat
Cresce il numero delle famiglie, ma diminuiscono le nascite
Gli effetti della crisi e la paura di restare incinta. Servono nuove politiche per la famiglia.
Dal 2008, con l’avvio della crisi economica si è invertito il trend di crescita della natalità e della fecondità in atto dal 1995: nel 2013 si stima che saranno iscritti in anagrafe per nascita poco meno di 515 mila bambini, circa 64 mila in meno in cinque anni e inferiori di 12 mila unità al minimo storico delle nascite del 1995. E' quanto si legge nel rapporto annuale dell'Istat sullo stato del Paese. Per l'Istat “questa nuova fase di denatalità non può non accelerare ulteriormente il processo di invecchiamento in atto. Va segnalato che il calo della natalità negli ultimi 5 anni è ravvisabile in quasi tutti i paesi europei, seppur con ritmi e intensità diverse, e viene messo in relazione con la crisi economica anche se non è possibile stabilire con certezza un legame causale. Nel nostro Paese gli effetti della sfavorevole congiuntura economica sulla natalità vanno a sommarsi a quelli 'strutturali' dovuti alle importanti modificazioni della popolazione femminile in età feconda (da 15 a 49 anni). Le donne italiane in età feconda sono sempre meno numerose, fanno meno figli e sempre più tardi”.
Questo calo delle nascite, secondo Paolo Scollo, presidente della società italiana di Ginecologia e Ostetricia italiana, sarebbe invece direttamente legato alla crisi e “può essere combattuto solo con delle politiche per la famiglia... La crisi si sente anche nelle culle: se fino a 20 anni fa lavorava solo l'uomo, ora il secondo reddito in famiglia è necessario. Questo porta le donne a rimandare la gravidanza per paura di perdere l'impiego, e quando si sentono pronte è ormai tardi e le probabilità di successo si riducono”. A ciò si deve aggiungere un'assenza di politiche efficaci per la famiglia: “La famiglia viene sempre dimenticata - sottolinea Scollo - mentre è giunto il momento di dare un sostegno vero alla natalità. È inutile anche 'fare affidamento' sulle immigrate per aumentare le nascite, perché l'immigrazione stanziale nel nostro paese non cresce, aumenta solo quella di passaggio”.
Un dato confermato anche dall'Istat per cui le “donne immigrate hanno un progetto migratorio prevalentemente per motivi di lavoro. La fecondità realizzata in Italia da queste donne è generalmente bassa. È il caso ad esempio delle donne ucraine, moldave, filippine, peruviane ed ecuadoriane, che hanno alti tassi di occupazione, prevalentemente nei servizi alle famiglie. Sono diminuiti di oltre 76 mila in 5 anni i nati da entrambi i genitori italiani, mentre quelli con almeno un genitore straniero, hanno continuato ad aumentare fino al 2012, superando le 100 mila unità pari a un quinto dei nati della popolazione residente, seppure a un ritmo di crescita sempre più contenuto; per il 2013 ci si attende per la prima volta una diminuzione anche dei nati stranieri”.
Se l'immigrazione rappresenta un fenomeno imponente, anche l'emigrazione fa registrare dati interessanti: “Sono sempre più numerosi gli italiani che si trasferiscono all’estero: aumentano gli espatri e calano i rientri. Nel 2012 gli italiani di rientro dall’estero sono circa 29 mila, 2 mila in meno rispetto all’anno precedente, al contrario è marcato l’incremento dei connazionali che decidono di trasferirsi in un Paese estero. Il numero di emigrati italiani è pari a 68 mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni, ed è cresciuto del 35,8 per cento rispetto al 2011”.
Cambia anche la famiglia: aumenta il numero e diminuisce la loro dimensione. “Dal 2006 al 2013 si osserva un incremento del 7,6 per cento del numero totale di famiglie, cresciute da 23 milioni e 216 mila (in media 2006-2007) a 24 milioni e 979 mila (in media 2012-2013). Contemporaneamente prosegue la diminuzione del numero medio di componenti per famiglia da 4 (1951), a 2,6 (2001), a 2,4 (2011), con punte massime, oggi, in Campania (2,8) e minime in Liguria (2,1)”.
Giuseppe Bianchi
(29 maggio 2014)
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