Ambiente
Rubava rame nella 'piazzola ecologica': per la Cassazione è un'aggravante
L'aria predisposta al raccoglimento di rifiuti ingombranti è uno "stabilimento pubblico". Si deve procedere anche in assenza di querela.
La Corte di Cassazione, sez. Quinta, con la sentenza n. 42822 (depositata il 13/10/2014) si è pronunciata sulla definizione di “stabilimento pubblico”.
In particolare, la vicenda sottoposta ai giudici di legittimità riguardava un furto all’interno di una piazzola ecologica, quell’aria attrezzata, di proprietà comunale, che accoglie temporaneamente i rifiuti più ingombranti, come ad esempio metallo, legno e residui edilizi.
L’imputato era stato sorpreso dai carabinieri all’interno della piazzola ecologica mentre cercava di “asportare materiale ferroso, con avvolgimento di rame, ivi stoccato”.
Le sentenze di merito avevano, sia in primo che secondo grado, dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato per i reato ascritti (art. 56 e art. 624 c.p.) per mancanza di querela.
La Cassazione invitata a pronunciarsi con il ricorso depositato dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, affermava che la caratteristica di stabilimento pubblico “deriva dalla sua destinazione a mezzo per l’esplicitazione di una pubblica funzione o di un pubblico servizio che lo Stato o un altro ente pubblico persegue direttamente o indirettamente: ne consegue che la c.d. ‘piazzola ecologica’, seppure gestita da privati, rientra nella nozione di stabilimento pubblico”.
La gestione dei rifiuti – affermano i giudici della Quinta sezione - costituisce, infatti, “ attività di pubblico interesse, minuziosamente regolamentata dalla legge in considerazione dei rilevanti interessi pubblici coinvolti e dei molteplici riflessi che essa ha sull’ambiente, sulla pubblica salute, sul decoro urbano e, non ultimo sull’economia ”.
Pertanto, i luoghi e gli edifici destinati allo stoccaggio e al trattamento dei rifiuti, quali componenti essenziali del ciclo di smaltimento sono “stabilimenti” e, in particolare la piazzola ecologica destinata alla raccolta o allo stoccaggio dei rifiuti, seppur gestita da privati, va qualificata “stabilimento pubblico” ai fini della integrazione della circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen.
Inoltre, i giudici di legittimità hanno aderito ad un orientamento costante della giurisprudenza sulla natura privatistica dei rifiuti, oggetto del furto.
Invero, l’aggravante del fatto commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici – dice la Corte – “si riferisce non soltanto alle cose pertinenti all’attrezzatura dello stabilimento pubblico, ma pure alle cose, anche di proprietà privata, che attengono o costituiscono oggetto dell’estrinsecazione del servizio di pubblica necessità e utilità, costituendo il fine proprio dello stabilimento stesso”.
Peraltro, le cose private, oggetto di furto nella vicenda in esame, sono costituite da materiale ferroso con avvolgimenti di rame. Questi beni - secondo i giudici - hanno un valore economico e “sono destinate a remunerare, almeno in parte, la prestazione del servizio, con conseguente sgravio della finanza pubblica”.
A questo punto c’è poco da fare per la Cassazione che annulla e rinvia alla Corte d’Appello. Il Supremo consesso ha chiarito i principi di diritto che i giudici di merito dovranno considerare per decidere “nuovamente” il giudizio.
Fonte: Corte di Cassazione
Gianmarco Sadutto
(15 ottobre 2014)
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