Frode assicurativa
Condannato il Vigile che inventava il sinistro stradale per favorire parenti e amici
In sede penale patteggia la sua pena e questo lo inchioda davanti alla Corte dei Conti che lo condanna per danno all'immagine.
Un agente di Polizia Municipale, dietro vantaggio economico, ha formato un atto falso per consentire a suoi amici e parenti di concorrere a una tentata frode assicurativa. Egli attestava falsamente di essere in servizio e di essere giunto sul luogo di un incidente stradale mai avvenuto.
Tale comportamento contrario ai propri doveri di servizio gli è costato caro. Il Tribunale penale di Pistoia ha infatti affermato la sua responsabilità penale, condannandolo, dopo aver patteggiato, a due anni di reclusione.
La Procura erariale venuta a conoscenza dei procedimenti penali a suo carico, ravvisava l’esistenza di tutti i presupposti necessari e sufficienti per l’esercizio dell’azione amministrativo-contabile. La conclusione del processo penale aveva creato nell’opinione pubblica un senso di sfiducia nell’azione dei pubblici dipendenti e, quindi, un danno all’immagine dell’Amministrazione.
Al termine del processo contabile, con sentenza n. 158 del 5 settembre 2014, i giudici della Corte dei conti, sezIone giurisdizionale per la Regione Toscana, hanno affermato la responsabilità erariale dell’agente di Polizia Municipale.
La condotta del dipendente è stata grave, correlata “alla violazione dei più elementari obblighi di fedeltà e correttezza propri del rapporto di lavoro subordinato dipendente” e costituisce idoneo nesso di causalità tra condotta e danno all’immagine.
A provare ciò è bastata la sentenza penale di “patteggiamento” (artt. 444 e segg. del c.p.p.). Secondo i giudici contabili, prevale l’orientamento secondo il quale "il Giudice può ritenere come tacita ammissione di colpevolezza la decisione dell’imputato di chiedere il patteggiamento della pena e che nei giudizi diversi da quello penale, pur non essendo precluso al medesimo Giudice l'accertamento e la valutazione dei fatti difforme da quello contenuto nella sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., pur tuttavia questa assume un particolare valore probatorio, vincibile solo attraverso specifiche prove contrarie (Corte dei conti, Sezione I app., 23.7.2012, n. 407, 4.5.2012, n. 256 e 7.1.2004, n. 3; Sezione giurisdizionale Abruzzo, 21.6.2004, n. 224)". Sul punto anche la Corte di Cassazione condivide le posizioni di questa Corte dei conti affermando che la sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito (v. Cassazione, Sezione tributaria, 30.9.2005, n. 19251).
Sulla quantificazione del danno i giudici toscani hanno dovuto ridurre la proposta della Procura ( 7.000,00 euro), per la rilevante distanza temporale tra i fatti delittuosi e l’applicazione della sanzione disciplinare all’agente municipale. Ciò contrasta, almeno parzialmente, con l’immagine di una Amministrazione particolarmente efficiente e, pertanto, è stato applicato il minimo dell’importo pari a € 4.000,00.
Gianmarco Sadutto
(10 settembre 2014)
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