Beni artistici
Burocrazia: storie di ordinaria follia
Il sito archeologico di Velia e' ricoperto di erba, dato che il volontario che la tagliava gratuitamente e' stato invitato a "pagarla".
Sono le cose che non vorrebbe mai sentire chi ama veramente questo nostro straordinario e bellissimo Paese. Il Ministro per i Beni Artistici e Culturali si è impegnato fin dal primo minuto del suo incarico per cercare di ridare lustro a tutta l’organizzazione che controlla e gestisce le nostre bellezze artistiche, che certamente potrebbero portare entrate ben più consistenti da parte di turisti e visitatori che arrivano da ogni parte del mondo.
L’idea di snellire l’organizzazione del Dipartimento -complessivamente considerato- e di dare spazio anche a manager esterni va evidentemente in questa direzione. Poi, però, leggi sul Corriere della Serra l’articolo di Marco Nese e ti cadono le braccia, perché ti rendi conto che il lavoro che attende Dario Franceschini è ancora molto, ma molto lungo.
Nese racconta una delle tante storie di ordinaria follia che pullulano nei meandri della nostra infernale burocrazia e contribuiscono a sporcare la nostra immagine all’estero, ma anche in casa nostra. Siamo a Velia, in provincia di Salerno, nell’area archeologica dell’antica Elea, sulla costa del Cilento; tra i ruderi ed attorno ai resti della scuola del filosofo Parmenide, visitati da oltre 35.000 visitatori l’anno.
La Soprintendenza competente per territorio è quella che mantiene attivi vari siti, compreso quello di Paestum. I finanziamenti che riceve, come al solito, sono scarsi e, quindi, l’area di oltre cento ettari dove si trova la città di Parmenide finisce per essere trascurata, dal punto di vista della manutenzione. Soprattutto dopo che il volontario che potava gratis le enormi piante di ulivo è morto.
Da un po’ di tempo, però, un allevatore di cavalli si era offerto di tagliare gratuitamente tutta l’erba attorno alle necropoli, agli spiazzi, ai ruderi ed a tutti gli antichi resti di Elea. L’uomo arrivava con la sua attrezzatura, tagliava, puliva tutto e portava via l’erba, che utilizzava per nutrire i suoi cavalli. Tutto bene, direte voi.
Affatto. Perché un giorno il nostro volenteroso allevatore di cavalli si vede arrivare una lettera dalla Soprintendenza di Salerno, che lo invita a pagare l’erba tagliata e prelevata dal sito archeologico. L’uomo dapprima non crede ai suoi occhi, perché pensava di fare un piacere a chi gestisce l’area; poi si offende e risponde: “bene, se è così, l’erba tagliatevela voi!”.
Naturalmente non ci vuole molta fantasia per immaginare come è andata a finire la faccenda. Al momento, tutti resti della scuola eleatica sono ricoperti da erba, rovi, arbusti e rami secchi. La vegetazione continua a crescere, avvolgendo le antiche colonne, i resti del tempio di Esculapio ed il teatro greco; ma la Soprintendente lamenta la mancanza di fondi per provvedere ad uno sfalcio regolare.
Il Corriere della Sera segnala anche la presenza di un gelso colossale pericolante. Alcuni custodi si sono offerti di provvedere volontariamente con la potatura. Anche qui, tuttavia, la burocrazia ha colpito ancora, perché per mettere in sicurezza il gelso “serve una gara d’appalto”, sempre che nel frattempo non succeda l’irreparabile.
Un custode ha addirittura segnalato che per bloccare un cancello rotto ha dovuto portare un lucchetto da casa; perché per comprarne uno, bisogna compilare i moduli ed aspettare per diverso tempo l’autorizzazione all’acquisto.
I fatti raccontati sono semplicemente allucinanti. E’ giusto che quando ci sono opere di manutenzione costose da effettuare con fondi pubblici si esperiscano tutte le gare e le procedure previste dalla legge. Ma qui stiamo parlando di stupidaggini. Se non ci sono i soldi per tenere pulita l’area archeologica, i volontari dovrebbero essere incoraggiati, non allontanati.
Va bene il rispetto delle regole, ma con l’intelligenza ed il buonsenso si potrebbero fare tante cose; anche in un Paese molto complicato come il nostro.
Moreno Morando
(20 settembre 2014)
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