Il Veneto verso il futuro
Centralismo, autonomismo, federalismo ed indipendentismo
Il risultato del referendum in Scozia apre a numerose riflessioni.
Il risultato del referendum per l’indipendenza della Scozia è stato accolto con un sospiro di sollievo in tutte le Cancellerie europee; tuttavia, sono in molti ad evidenziare che i sostenitori del “sì” alla secessione dal Regno Unito hanno, comunque, ottenuto quasi la metà dei voti espressi dagli scozzesi, accorsi in massa alle urne.
E’ quanto ha fatto rilevare il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, in occasione della “Festa dei Popoli Padani” di Cittadella (Padova), sottolineando in particolare che quel voto costituisce un importantissimo precedente in materia: “la Scozia insegna”, ha aggiunto; precisando che la Lega Nord non si arrende ed anzi rilancia sul tema dell’indipendenza, a partire dal Veneto.
Tuttavia, per il segretario della Lega Nord, lo stesso ragionamento vale sia per la Lombardia, che per il Salento, la Calabria e la Sardegna. In sostanza: “se lo Stato centrale e centralista non funziona”, per Salvini “è giusto che le realtà locali si organizzino”, anche perché -ha fatto notare il leader della Lega- non si può certo stare ad aspettare “quello che arriva da Roma”.
Sotto questo profilo, vale certamente la pena di approfondire un tema che la politica nazionale non ha mai iscritto ai primi posti della sua agenda politica, salvo nei momenti in cui alcuni fatti eclatanti hanno, momentaneamente, portato all’attenzione generale la questione dell’indipendentismo.
La c.d. “questione settentrionale” ed, in particolare, la situazione del Nord-Est del Paese, è stata per troppi anni trattata con sufficienza, senza il necessario approfondimento delle ragioni di un malessere che non è stato affrontato, perché -appunto- non c’era la volontà e/o la capacità di comprenderlo fino in fondo.
Da questo punto di vista, le azioni eclatanti messe in opera da alcuni gruppi di sostenitori dell’indipendentismo (ad esempio, i “serenissimi” nel 1997”; o ancora quanto è successo nell’aprile di quest’anno, con il “tank” sequestrato nella provincia di Padova) hanno certamente contribuito a danneggiare la battaglia degli autonomisti, dei federalisti o -in una sorta di “crescendo rossiniano”- di chi crede fermamente nel principio dell’autodeterminazione dei popoli.
Quegli episodi, infatti, hanno provocato in alcuni leader politici nazionali sorrisi ironici e di scherno, che hanno tuttavia finito per distogliere la loro attenzione dai problemi denunciati da vari decenni in quelle regioni, dove la protesta nei confronti di una amministrazione pubblica lenta ed inefficiente e di una burocrazia ottusa e centralizzata, è largamente diffusa e trasversale, rispetto ai tradizionali schieramenti politici, come dimostrano i flussi elettorali degli ultimi 20-25 anni, soprattutto nel Veneto.
Nei decenni scorsi, una politica piegata su se stessa, spesso totalmente disinteressata a quello che succedeva appena fuori dal Grande Raccordo Anulare di Roma, ha contribuito a far crescere il malcontento e, su questo terreno, le iniziali moderate richieste di autonomia, hanno poi lasciato spazio a rivendicazioni di altro tipo, sulla scia, peraltro, di una tendenza indipendentista che è sempre più diffusa in Europa.
Basti pensare alle Fiandre, alla Catalogna, ai Paesi Baschi, oltre alla Scozia naturalmente; senza dimenticare quanto è successo in Kosovo, Ossezia e Crimea, in contesti -peraltro- completamente diversi.
Con ogni probabilità, nel Veneto, la risposta ad una spinta secessionista potrebbe essere “un federalismo concreto e responsabile”, che affidi alle amministrazioni comunali e regionali maggiori poteri di quelli che hanno in questo momento.
Il Presidente della Giunta Regionale del Veneto Luca Zaia ha ribadito anche in questi giorni di credere fermamente nei percorsi che stanno all’interno della legalità: “vogliamo che il referendum sia ufficiale e si ponga come una pietra miliare”, ha aggiunto il Governatore veneto, evidenziando che si farà tutto quanto è necessario per portare a compimento l’ter della consultazione.
A questo proposito, si ricorda che Il Governo ha impugnato avanti alla Corte Costituzionale le delibere assunte dal Consiglio regionale veneto per indire il referendum. Si segnala che anche in Lombardia, dove però serve una maggioranza qualificata, è stata presentata una proposta di legge referendaria. Sotto questo profilo, il Governatore lombardo Roberto Maroni ha auspicato che si possa verificare una convergenza dell’opposizione per consentire il varo del referendum.
Significative, a questo proposito, le dichiarazioni dell’ex Ministro dell’Interno su quanto è accaduto in Scozia, dove, a suo parere, potranno comunque trarre vantaggi dall’iniziativa, anche se non ha vinto il “sì” alla secessione. Infatti, secondo Maroni, il Primo Ministro Cameron “è stato costretto a garantire maggior autonomia, maggiori risorse e maggiori poteri”.
Il risultato del referendum in Scozia, quindi, non ha per niente affievolito l’acceso confronto che da anni oppone il “centralismo” all’autonomismo, al federalismo e all’indipendentismo. Ciò è tanto vero che, in Catalogna, il referendum è stato fissato per il prossimo mese di novembre.
La Direzione
(23 settembre 2014)
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