Autonomia del Veneto
Il Governo impugna le leggi regionali che hanno indetto il referendum sull'indipendenza
Su proposta del Ministro Lanzetta l'Esecutivo ha impugnato le due norme adottate in Veneto forse per dare risposta al disagio diffuso.
Nell’ultima riunione del Governo, su proposta del Ministro per gli affari regionali Maria Carmela Lanzetta, l’Esecutivo guidato da Matteo Renzi ha deciso di impugnare le leggi regionali del Veneto che promuovono referendum per chiedere l’indipendenza della Regione.
E’ stata quindi deliberata l’impugnazione della L.R. Veneto n.15 del 19 giugno 2014 “Referendum consultivo sull’Autonomia del Veneto”, perché “contiene disposizioni in contrasto con gli artt. 3,5,116,117 e 119 della Costituzione”; e la L.R. Veneto n. 16, assunta nella stessa data, intitolata “Indizione del referendum consultivo sull’autonomia del Veneto”, perché contrasta “con gli art. 5,114,117 co. 1 e 2 lett. a) della Costituzione”.
Per il Governo, naturalmente, non c’erano alternative rispetto alla presa di posizione del Consiglio regionale Veneto, che ha indetto il referendum su un argomento che, da quelle parti, infiamma gli animi da tanto tempo ma, soprattutto, dai tempi dei primi successi politici della Liga Veneta. In questo senso, alcuni analisti hanno “letto” la decisione del Consiglio Regionale del Veneto, come un tentativo di dare una sorta di risposta politica ai movimenti secessionisti ed agli episodi eclatanti che negli ultimi anni hanno riempito anche le cronache giudiziarie.
Sono, infatti, passati solo pochi mesi da quando, nei primi giorni di aprile di quest’anno, i Ros dei Carabinieri, dopo un’inchiesta della Procura di Brescia con 51 indagati, hanno eseguito gli arresti di 24 persone accusate di far parte di un gruppo secessionista con l’obiettivo di ottenere l’indipendenza del Veneto. Le accuse erano pesantissime:”associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico e fabbricazione e detenzione di armi da guerra”.
Nel provvedimento del G.I.P. di Brescia si faceva riferimento ad “un ampio disegno eversivo” di un gruppo che preparava un’azione eclatante. Per motivare la gravità delle accuse e la custodia cautelare si richiamavano tutta una serie di frasi inquietanti pronunciate al telefono da alcuni degli arrestati e il ritrovamento, a Casale di Scodosia (PD), di una sorta di “carro armato artigianale” che, secondo le dichiarazioni di uno dei legali degli indagati, era stato ricavato dal “tanko” usato dal cosiddetto gruppo dei Serenissimi che nel 1997 diede l’assalto al campanile di S.Marco. Il mezzo era stato acquistato all’asta al termine del procedimento penale celebrato avanti al Tribunale di Venezia.
La Lega Nord non era in alcun modo coinvolta nell’inchiesta, ma il suo segretario Matteo Salvini aveva contestato con veemenza la decisione del magistrato bresciano, sostenendo che in Italia, “mentre si lasciano liberi assassini e spacciatori, si mette in galera chi si vede costretto a ricorrere a gesti eclatanti, ma solo dimostrativi, al solo fine di ottenere l’indipendenza dallo stato centrale”.
Era intervenuto anche il filosofo Massimo Cacciari, dichiarando che chi organizza azioni di questo genere è un “malato di mente”; tuttavia, resta il fatto che “il malessere nella regione è sempre più diffuso, a causa dell’incapacità della classe politica di dare risposte esaurienti rispetto alla protesta, sempre più estesa, nei confronti di un’ amministrazione pubblica lenta ed inefficiente e contro la pessima qualità dei servizi pubblici offerti a cittadini ed imprese”.
In questa vicenda, in verità, si individuavano tratti assolutamente contraddittori: vale a dire, quelli di un vero e proprio dramma, a fronte dell’assoluta gravità delle accuse; ma, paradossalmente, anche quelli di una “farsa”, con riferimento alla costruzione di una specie di “carro armato casalingo”, non si sa bene con quale grado di effettiva pericolosità.
Non è questa la sede per valutare l’operato dei magistrati; ma va segnalato, tuttavia, che fin dall’inizio, da più parti erano stati espressi dubbi sull’opportunità di ricorrere a provvedimenti tanto gravi a poche settimane dalle elezioni europee e a pochi giorni dal contestatissimo “referendum on line sull’indipendenza del Veneto” organizzato, fra gli altri, anche da Franco Rocchetta, uno dei 24 sottoposti a custodia cautelare.
Questa posizione non era sostenuta solo dai leghisti e si basava, probabilmente, anche sul timore che ci potesse essere una sorta di “spettacolarizzazione” di una vicenda sicuramente inquietante, ma i cui protagonisti erano sembrati, in qualche caso, più personaggi da operetta, piuttosto che dei pericolosi terroristi. In sostanza, più di qualcuno pensava che ci fosse il concreto pericolo di “sopravvalutare” le azioni simboliche di un gruppo eterogeneo di inguaribili indipendentisti e, in sostanza, di farne dei “martiri”.
Una cosa è certa: Massimo Cacciari è considerato uno dei più profondi conoscitori della realtà veneta, almeno di quella della parte orientale della regione. Fra i 24 arrestati c’erano anche due personaggi che facevano parte del c.d. gruppo dei “Serenissimi” che, nella notte fra l’otto ed il nove maggio del 1997, si erano impadroniti del Campanile di S. Marco.
Massimo Cacciari, a quel tempo, era sindaco di Venezia e tentò di convincere gli autori di quel gesto clamoroso a rinunciare volontariamente alla loro “impresa”. Non essendoci riuscito, subito dopo intervennero le forze dell’ordine, catturando i “Serenissimi”.
Cacciari, nella sostanza, in occasione degli arresti decisi dai magistrati bresciani nell’aprile scorso, ha sostenuto le stesse cose di 17 anni fa : quei tizi sono “matti”, ma “ciò non toglie che i veneti non ne possano più delle inefficienze dell’amministrazione centrale e di una burocrazia tanto lenta ed ottusa”.
Le indagini sono ancora in corso, ma la vicenda giudiziaria sembra essersi molto ridimensionata, soprattutto dopo una serie di provvedimenti del Tribunale del Riesame, che ha rimesso in libertà i protagonisti. La questione del referendum consultivo per l’indipendenza indetto dal Consiglio Regionale del Veneto non ha occupato grande spazio sui media, impegnati a seguire le evoluzioni del Pil nazionale e del duro confronto in Senato per le riforme costituzionali.
Tuttavia, va sottolineato che dalle dichiarazioni rilasciate nei primi giorni di aprile, a poco più di un mese dal suo insediamento a Palazzo Chigi, il Premier Matteo Renzi sembrava essersi reso conto del disagio segnalato da anni da Cacciari (e non solo da lui, per la verità), indicando vari tipi di intervento per cercare di affrontare e risolvere i problemi portati alla sua attenzione.
Alcuni di questi interventi in questi mesi il Governo ha cercato di attuarli, mettendo sul tavolo una serie di provvedimenti per snellire, sburocratizzare, semplificare le procedure della pubblica amministrazione; ma naturalmente il lavoro è appena agli inizi e sappiamo che, in un Paese come il nostro, dove nelle varie amministrazioni pullulano i c.d. “uffici complicazioni affari semplici”, tutto rischia sempre di diventare molto, ma molto più complicato di quanto in realtà dovrebbe essere.
Ma, forse, se qualcuno decide di iniziare a percorrere questa strada, prima o dopo si potrà incominciare a vedere la luce in fondo al tunnel.
Moreno Morando
(10 agosto 2014)
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