Corte di Cassazione
Dire all'Agente "Mi ridia la patente perché lei finisce male" è resistenza aggravata a Pubblico Ufficiale
La sentenza della Sesta Sezione della Suprema Corte n. 29618/2016.
Era stato ritenuto colpevole dai giudici di merito del reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e condannato alla pena di mesi quattro di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale, perché dopo essersi arrestato al segnale dell'agente, in servizio davanti ad una scuola elementare, l'imputato aveva iniziato una lenta manovra di avanzamento, disattendendo l'ordine impartito; invitato a fornire i documenti per la redazione del verbale di contravvenzione, aveva minacciato l'agente ed ostacolato la sua attività, dicendogli "lei questo lo fa per ripicca, perché le ho detto che è incompetente, e mi ridia indietro la patente perché lei finisce male".
La Corte di Cassazione, Sezione Sesta, con sentenza n. 29618/2016 pubblicata il 13 luglio 2016 (Presidente: Conti - udienza: 3.6.2016) ha confermato la corretta applicazione da parte dei giudici di merito dei principi giurisprudenziali secondo i quali perché sia integrato il delitto di cui all'art. 337 del codice penale non è necessario che sia impedita, in concreto, la libertà di azione del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto di ufficio o di servizio, indipendentemente dall'esito positivo o negativo di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti predetti.
Tuttavia, l'automobilista indisciplinato ha, comunque, ottenuto una chance in quanto la Corte ha annullato la sentenza impugnata sul punto relativo alla configurabilità della causa di non punibilità per tenuità del fatto ex art. 131-bis del codice penale, rinviando per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello.
I giudici di Palazzaccio, infatti, hanno richiamato la sentenza n. 13682 del 25.02.2016 con la quale le Sezioni Unite hanno ritenuto applicabile l'istituto previsto dall'art. 131 bis nel giudizio di legittimità anche quando la sentenza impugnata sia anteriore alla novella legislativa, come nella fattispecie, prevedendone la diretta applicazione da parte della Corte di cassazione solo nel caso in cui la valutazione sulla particolare tenuità del fatto sia ricavabile dalla motivazione e, quindi la Corte di limita a prendere atto della presenza dei presupposti.
Nel caso in esame, non risultando ricavabili direttamente dalla motivazione della sentenza tutti i presupposti oggettivi e soggettivi essenziali per l'applicabilità della causa di non punibilità e trattandosi, quindi, di valutazione complessa preclusa alla Corte di Cassazione e rimessa ai giudici di merito, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio - limitatamente a detto punto relativo alla configurabilità della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. - per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello.
La Direzione
(17 luglio 2016)
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