Infortunio in itinere
Vai in bici da casa al lavoro? Sei tutelato in caso di incidente
La pronuncia della Cassazione rende giustizia a chi usa la bici per andare a lavorare.
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Passeggiando in Bicicletta - Puntata 124
Un impiegato livornese, al termine del proprio turno di lavoro, inforcava la propria bicicletta per far recarsi a casa dove, tra l’altro, lo attendeva la suocera alla quale egli avrebbe dovuto praticare un’iniezione.
Durante il tragitto, di circa 500 metri, il lavoratore veniva urtato da un motociclo e, quindi, subiva lesioni. Chiedeva allora il riconoscimento dei diritti connessi ad un infortunio in itinere.
Mentre il Tribunale aveva accolto la domanda,l a Corte di appello di Firenze negava la sussistenza del diritto sostenendo che il dipendente non avesse provato la contingente necessità dedotta (somministrare un'iniezione alla suocera) per fare ricorso al mezzo privato, e poiché il percorso da coprire, benché non coperto da mezzi pubblici, era di soli cinquecento metri, doveva quindi ritenersi che l'uso del mezzo privato non fosse comunque necessitato, potendo lo stesso percorso essere coperto a piedi nel giro di pochi minuti (sette e mezzo, per l’esattezza), mentre l'utilizzo della bicicletta in città, in quanto soggetto ai pericoli del traffico, rappresentasse un aggravamento del rischio rispetto all'andare a piedi, tanto più nel mese di gennaio, quando cioè si era verificato l'infortunio.
Avverso detta sentenza il soccombente ha proposto ricorso per cassazione.
La Sezione Lavoro della Suprema Corte, con sentenza n. 7313 del 13 aprile 2016, ha accolto l’impugnativa rimettendo le parti dinanzi al giudice di merito. La Corte, premettendo che la nuova normativa in materia (art. 12 D.L.vo n. 38 del 2000, che ha aggiunto un ultimo comma agli artt. 2 e 210 del T.U. n. 1124 del 1965) ha ampliato la tutela a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa a luogo di lavoro, escludendo rilevanza all'entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l'infortunato sia addetto, ha riconosciuto che la disposizione odierna tutela quindi un rischio generico (quello del percorso) cui soggiace in realtà qualsiasi persona che lavori.
Secondo quanto emerge dall’orientamento più recente formatosi in materia, non può escludersi che oltre a quelli legittimati dai valori costituzionali primari (quali la ragionevolezza ex art. 3 Cost., la libertà di fissare la propria residenza ex art. 16 Cost., le esigenze familiari ex art. 31 Cost., la tutela del lavoro in ogni sua forma ex art. 35 Cost., la protezione del lavoratore caso di infortunio ex art. 38 Cost.), altri standards in materia di attività connesse a quelle di lavoro, quale è quella di spostamento in esame, siano emersi nella società civile anch’essi connessi a valori dello stesso rango.
In tale prospettiva è, quindi, innegabile che la modalità di percorrenza tragitto abitazione-lavoro con mezzo privato possa corrispondere anche ad esigenze di un più intenso rapporto con la comunità familiare, ad es. negli intervalli lavorativi, per mantenere un maggiormente stretto e frequente legame con i membri della stessa. Ed anche ad esigenze di raggiungere in maniera riposata e distesa i luoghi di lavoro. In tal modo assicurando un proficuo apporto alla organizzazione produttiva nel quale il lavoratore è inserito: e ciò risponde ad un valore di utilità sociale ben presente nell'ordinamento.
La Corte, poi, con specifico riguardo al mezzo di locomozione utilizzato dal lavoratore livornese, ha osservato che rilevava pure in questa ottica la tendenza presente nell'ordinamento (art. 1 Codice della strada), divenuta sempre più pressante, a favorire l'utilizzo della bicicletta in quanto mezzo che riduce costi economici, sociali ed ambientali; “fino al punto che sono oramai non pochi i Comuni che mettono a disposizione dei cittadini biciclette in modo gratuito per gli spostamenti urbani casa-lavoro, anche di breve durata; e ciò al fine di ottenere benefici non solo di carattere ambientale ma anche per la salute dei cittadini, ed in prospettiva un calo delle spese sanitarie a carico del sistema nazionale”.
In sostanza, attraverso la nuova disciplina, ai fini dell'infortunio in itinere, l'uso del velocipede (ovvero, secondo il Codice della strada, del veicolo, con due o più ruote, funzionante a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali anche se a pedalata assistita), deve ritenersi sempre assicurato, come lo è, per la stessa normativa, l'andare al lavoro a piedi o con utilizzo del mezzo pubblico.
Rodolfo Murra
(3 maggio 2016)
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