Corte di Cassazione
Abbandono di animali: è reato anche la detenzione che arreca gravi sofferenze
I principi sanciti nella sentenza n. 36866 del 6.9.2016.
"Costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica degli stessi, procurando loro dolore e afflizione".
Sulla bese di tale principio giurisprudenziale la Corte di Cassazione Penale, Sezione Terza con la sentenza n. 36866 pubblicata il 6.9.2016 (Pres.: Ramacci - udienza: 28.6.2016) ha confermato la condanna per il reato previsto e punito dall'art. 727 c.p., (abbandono di animali) ad un uomo che aveva detenuto un cane pastore tedesco in condizioni incompatibili con la sua natura e di grave sofferenza, omettendo di prestare all'animale le cure di cui necessitava.
Il reato di cui all'art. 727 del codice penale è, infatti, senz'altro integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali.
Nella vicenda giunta dinanzi alla Suprema Corte l'affermazione della responsabilità si fonda sul fatto che l'imputato deteneva il pastore tedesco in luogo distante dalla propria abitazione, quindi, "con poche occasioni di stare in sua compagnia, e "in condizioni di saluta precarie e sicuramente produttive di sofferenza fisica per l'animale, non curandosi adeguatamente dello stesso - tanto da non essersi nemmeno accorto della sua situazione fisica", con la conseguenza che quel che si rimprovera al proprietario del pastore tedesco è "l'omessa prestazione di cura e assistenza, dovuta ad un comportamento di trascuratezza colposa".
Fonte: Corte di Cassazione
La Direzione
(18 settembre 2016)
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