TAR LAZIO
Edilizia: il "volume tecnico" che fa scattare la demolizione
I giudici sottolineano la necessità che l'opera debba esser priva di autonomia funzionale.
Un Comune laziale nel novembre 2016 ha ordinato la demolizione di un’opera edilizia, realizzata in zona agricola di PRG, ritenuta abusiva. Tale opera consisteva in una sopraelevazione (su manufatto già oggetto di condono edilizio), elevata su una sola falda del tetto, delle dimensioni di circa mt. 5,00 x 11,00 con altezza minima di mt. 2,20 e altezza massima di mt. 3,00 destinata a sottotetto.
Con ricorso al TAR il destinatario del provvedimento repressivo sosteneva l’illegittimità della demolizione, in quanto la sopraelevazione oggetto dell’atto costituiva un mero volume tecnico.
Il TAR del Lazio (I Sezione), con sentenza 23 marzo 2018 n. 3299, ha dato torto al ricorrente, specificando cosa si intende per “volume tecnico”.
E’ stato infatti sottolineato che la nozione di “volume tecnico”, non computabile nella volumetria, corrisponde a un’opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché è destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima. In sostanza, si tratta di impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all’interno di questa, come possono essere - e sempre in difetto dell’alternativa - quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo.
Nel caso di specie, in disparte il fatto che la parte ricorrente aveva solo dedotto in ricorso che la sopraelevazione costituiva un volume tecnico, senza alcuna dimostrazione in fatto che tali volumi fossero effettivamente destinati ad ospitare impianti tecnologici. Anzi, tale circostanza, nel caso sottoposto ai giudici laziali, appariva incompatibile con le stesse dimensioni della sopraelevazione e la consistenza del volume realizzato, risultanti dal provvedimento di demolizione e dalla relazione di sopralluogo, con allegate fotografie, depositata in giudizio dalla difesa del Comune.
Si trattava, infatti, di una superficie complessiva di 55 metri quadri per una altezza minima di 2,20 metri e massima di 3 metri. L’ampiezza di tali dimensioni comportava, allora, inequivocabilmente la realizzazione di una nuova costruzione.
Mattia Murra
(9 aprile 2018)
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