Elezioni politiche 4 marzo 2018
Esclusione di una lista? Il giudice amministrativo non puó far nulla
Il Consiglio di Stato ribadisce il difetto assoluto di giurisdizione.
Una associazione, desiderosa di prendere parte alle prossime consultazioni elettorali per il rinnovo del Parlamento (indette per il 4 marzo 2018), depositava il proprio contrassegno al Ministero dell’Interno, il quale però lo ricusava.
L’associazione adiva quindi il TAR del Lazio il quale, tuttavia, evidenziata non soltanto che, a norma dell’art. 129 del Codice del processo amministrativo i procedimenti elettorali preparatori delle elezioni politiche non rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, ma anche che neppure il giudice ordinario è dotato di giurisdizione in relazione a controversie concernenti l’ammissione e/o l’esclusione delle liste dei candidati.
Non paga di questa pronuncia, l’associazione proponeva appello.
Ma anche il Consiglio di Stato, con decisione del 16 febbraio 2018, dichiarava il difetto assoluto di giurisdizione sulla domanda siccome proposta dall’appellante.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 126 e 129 del codice del processo amministrativo, infatti, il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei Comuni, delle Province, delle Regioni nonché di elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, ma non anche in materia di elezioni “politiche” nazionali.
Esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo, il Consiglio di Stato ha rilevato che i mezzi di tutela avverso i provvedimenti oggetto dell’impugnazione spiegata dall’associazione sono disciplinati dal D.P.R. n. 361 del 1957, il cui art. 23 prevede che, avverso le decisioni di eliminazione di liste o di candidati adottate dall'Ufficio centrale circoscrizionale, può essere proposto ricorso all'Ufficio centrale nazionale, istituito presso la Corte Suprema di cassazione.
Il Supremo Consesso ha altresì ricordato che nella specifica materia è intervenuta anche la Corte costituzionale (cfr. sent. n. 259 del 2009) che ha dichiarato inammissibile la questioni di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del citato D.P.R. n. 361 del 1957, nella parte in cui non prevedono l’impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale.
Fonte: Massimario G.A.R.I.
Rodolfo Murra
(26 febbraio 2018)
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