CORTE DI CASSAZIONE
Partecipazione alle gare: l'errore nelle dichiarazioni che fa scattare il reato di falso
Ai fini della sussistenza dell'elemento psicologico é sufficiente il dolo generico.
Un cittadino lombardo veniva ritenuto penalmente responsabile del delitto di falso ideologico per aver dichiarato, in una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà diretta ad una Pubblica amministrazione in sede di partecipazione ad una gara, l’assenza di condanne penali. La sentenza di condanna era stata confermata anche in appello nel 2017.
Con ricorso per cassazione il condannato denunciava il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 483 del Codice penale avendo errato la Corte territoriale nel non riconoscere che il comportamento da lui tenuto, integrativo sotto il profilo materiale del delitto contestatogli, era stato, invero, connotato da buona fede, essendo stato il dichiarante tratto in inganno dall'assenza di annotazioni pregiudizievoli contenute nel certificato del casellario rilasciato ad uso del privato.
Con sentenza n. 48898 del 25 ottobre 2018 la Corte di cassazione (V Sezione penale) respingeva il ricorso.
I giudici di Piazza Cavour, infatti, hanno richiamato l'interpretazione consolidata resa dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di falsità ideologica in atto pubblico, ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo, ribadendo che ai fini della configurabilità dello stesso è sufficiente il dolo generico, ossia la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione.
Poiché il contenuto della dichiarazione richiesta ai partecipanti alla gara di appalto era analiticamente scandito, quanto alla descrizione dei reati per i quali l'interessato non doveva essere stato condannato, neppure con sentenza pronunciata si sensi dell'art. 444 Cod. pen. e recante il beneficio della non menzione, tanto obbligava il ricorrente a dichiarare il vero: ciò a maggior ragione perché questi era dotato di sufficienti strumenti culturali per comprenderne il tenore e, in ogni caso, prima di rendere l'attestazione di cui alla contestazione, avrebbe dovuto verificare se le condanne riportate - delle quali egli era del tutto consapevole avendo presentato istanza di riabilitazione - fossero o meno tra quelle elencate nella clausola del bando.
Rodolfo Murra
(5 novembre 2018)
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