Giustizia
L'avvocato non é obbligato ad avere uno studio legale
La sentenza del Consiglio di Stato sulle barriere architettoniche negli uffici professionali.
Non esiste alcun obbligo per l'avvocato di esercitare la sua professione presso uno studio legale, é quanto stabilito dal Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con sentenza del 21 gennaio 2021 con la quale è stato escluso che lo studio legale abbia la qualità di luogo pubblico o aperto al pubblico in quanto "né la legge professionale 31 dicembre 2012 n. 247, in particolare l’art. 7 di essa, relativo al “domicilio”, né il codice deontologico forense obbligano l’avvocato, per esercitare la sua professione, ad avere la disponibilità di un ufficio a ciò dedicato"
In particolare, l’art. 7 della leggs n. 247/2017 prevede solo che egli abbia un “domicilio”, ovvero in termini semplici un recapito ove essere reperibile e ricevere gli atti, ma non vieta che esso, al limite, coincida con la propria abitazione.
Pertanto, l’apertura di uno studio come comunemente inteso rientra nella libera scelta del professionista. Inoltre, aggiunge il Collegio, lo studio legale, anche quando esiste, non è di per sé luogo pubblico o aperto al pubblico, come si desume, per implicito, dalla costante giurisprudenza penale, secondo la quale commette il reato di violazione di domicilio previsto dall’art. 614 del codice penale chi acceda allo studio di un avvocato, o vi si trattenga, contro la volontà del titolare.
Sulla base di tali premesse ad avviso del Consiglio di Stato non va condivisa l’affermazione del Giudice di primo grado, per cui nella specifica disciplina delle barriere architettoniche il concetto di luogo aperto al pubblico andrebbe inteso in modo particolare, comprensivo, come si è detto, dei luoghi privati chiusi alla generalità delle persone, ma accessibili a una data categoria di aventi diritto. Da un lato, infatti, la ritenuta interpretazione estensiva non trova sostegno nel testo di legge, dall’altro comunque i luoghi così qualificati non si differenziano in modo apprezzabile dal concetto generale di luogo aperto al pubblico.
In conclusione l’avvocato non è obbligato a disporre di uno studio ed il relativo incarico professionale si può sempre svolgere con modalità che prescindono dalle barriere architettoniche. La legge n. 247/2012 e il codice deontologico non vietano infatti in generale che il difensore, per svolgere il proprio mandato, possa recarsi presso la parte, in un luogo che essa ritiene adeguato alle proprie esigenze, anche di salute, e in particolare non vietano certo che egli si rechi al domicilio di un disabile il quale se ne possa allontanare solo con difficoltà.
Paolo Romani
Fonte: Massimario G.A.R.I.
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La Direzione
(22 gennaio 2021)
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