Corte dei Conti
In questo mondo di ladri....
Ragioniere del comune si appropria di soldi pubblici, condannato a risarcire euro 110.038,29.
Citato in giudizio dalla Corte dei Conti della regione Abruzzo un dipendente comunale, responsabile dell’ufficio ragioneria, condannato penalmente per reati contro la pubblica amministrazione, in quanto nella qualità di responsabile dell’Ufficio di ragioneria ed Affari generali del Comune di appartenenza, avendo avuto in ragione del proprio Ufficio il possesso e la disponibilità di una somma di € 36.679,43 se ne appropriava indebitamente.
La somma era stata riscossa a titolo d’imposta comunale sulla pubblicità (sonora e di volantinaggio), di diritti per il servizio delle pubbliche affissioni e di canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (mercati settimanali e patronali).
All'incolpato era contestata, in sede penale, anche la violazione degli artt. 81 cpv, 479, 493, 61 n. 2 del codice penale, perché nella qualità di responsabile dell’Ufficio ragioneria, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e al fine di perseguire il reato di peculato, attestava falsamente il compimento di operazioni finanziarie e contabili relativamente alla riscossione di imposte, di diritti e dei canoni.
L’intimato disponeva fittizi ordinativi e reversali di incasso e tratteneva per sé somme di spettanza dell’Ente locale.
A conclusione del procedimento penale veniva applicata la pena di due anni di reclusione e veniva disposta la trasmissione della sentenza alla Corte dei Conti ai fini dell'accertamento del danno patrimoniale conseguente alle somme indebitamente trattenute dall’intimato in danno del Comune sia la lesione all’immagine pubblica.
L’intimato presentava memorie difensive e non chiedeva l’audizione personale. Con le proprie memorie sosteneva che, anche se era ricorso al patteggiamento in sede penale, tutto ciò non andava considerato come un’ammissione di responsabilità. Inoltre, riteneva che l’entità degli ammanchi fosse inferiore e che, trovandosi in pensione, non poteva verificare la correttezza delle operazioni di calcolo.
La Corte dei Conti ha evidenziato come la giurisprudenza recente ha affermato che “la sentenza penale di patteggiamento della pena (come avvenuto nell’odierna fattispecie) deve essere considerata, anche ai fini del giudizio contabile, una sentenza di condanna”.
Inoltre, “quel che rileva, ai fini del presente giudizio di responsabilità amministrativa, è che somme introitate come tributi comunali non sono rimaste al bilancio pubblico, perché sottratte dall’incolpato. Avendo avuto il convenuto la disponibilità di somme di pertinenza dell’amministrazione, attraverso le regole della responsabilità contabile, lo stesso incolpato deve dimostrare la regolarità della gestione di queste somme, con la presentazione di tutta la documentazione contabile giustificativa. Per questi motivi la Procura regionale non ritiene sufficienti le giustificazioni presentate attraverso le memorie difensive, sussistendo, pertanto, la sua piena responsabilità per il danno erariale prodotto”.
La lesione all’immagine, aggiunge la Corte, con conseguenze sociali fondate sulla negativa ripercussione suscitata nell’opinione pubblica del fatto illecito, era favorita dal “clamor fori” e dalla diffusione e amplificazione da parte degli organi di stampa.
Inoltre "il diritto delle amministrazioni pubbliche ad organizzarsi ed agire secondo i criteri dettati dall’art. 97 della Costituzione è l’elemento caratterizzante della loro immagine e della loro identità; trattandosi di un interesse costituzionalmente garantito, ogni azione del pubblico dipendente che lo leda si traduce in un’alterazione dell’identità della pubblica amministrazione e, più ancora, nell’apparire di una sua immagine negativa, in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata”.
La Corte dei Conti ha, pertanto, condannato l'imputato al risarcimento in favore del comune della somma di € 110.038,29.
Claudia De Vincenzi
(30 aprile 2014)
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