Depenalizzazione
Via libera alla non punibilità per reati lievi
Approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo per la chiusura dei procedimenti con l'archiviazione o assoluzione dei soggetti che hanno commesso fatti di rilievo penale caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo con le Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge n. 67 del 2014. Il dlgs, all'esame preliminare, recepisce le proposte elaborate dalla commissione ministeriale nominata con D.M. 27 maggio 2014 e presieduta da Francesco Palazzo con l’obiettivo di rivedere il sistema sanzionatorio e dare attuazione alla legge delega 67/2014 in materia di pene detentive non carcerarie e depenalizzazione.
L’istituto, costruito quale causa di non punibilità, consentirà una più rapida definizione, con decreto di archiviazione o con sentenza di assoluzione, dei procedimenti iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso fatti di rilievo penale caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto, evitando l’avvio di giudizi complessi e dispendiosi laddove la sanzione penale non risulti necessaria.
Resta ferma la possibilità, per le persone offese, di ottenere serio ed adeguato ristoro nella competente sede civile.
L’attuazione della delega consentirà ragionevolmente, nel breve periodo, di deflazionare il carico giudiziario restituendo alla giustizia la possibilità di affrontare con nuove energie indagini e processi complessi, la cui definizione possa essere ritardata o ostacolata dalla pendenza di processi relativi a fatti di particolare tenuità.
In particolare, il nuovo art. 131 bis c.p. riscritto dalle nuove norme incardina il giudizio di “particolare tenuità del fatto” su due criteri: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Il primo si articola a sua volta in due ulteriori indici-requisiti, costituiti dalle “modalità della condotta” e dall’“esiguità del danno o del pericolo”. La non abitualità, invece, esige che il reato oggetto del giudizio non debba inserirsi in un rapporto di seriazione con altri episodi criminosi (come capita, ad esempio, nel caso di un furto, seppur minimo, ma che risulti costituire un anello di una catena comportamentale).
Le nuove norme si applicano ai reati puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta a pena detentiva, ovvero con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni. Esse trovano applicazione «anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante» e consentono inoltre al GIP in sede di indagini di archiviare anche per la non punibilità di cui al nuovo art. 131 bis c.p. La causa di non punibilità può essere dichiarata d’ufficio in ogni stato e grado del processo.
In sede predibattimentale, il giudice, prima di emettere sentenza di “proscioglimento” per tenuità del fatto, deve “sentire” anche la persona offesa, così consentendo alla stessa di interloquire sul tema della tenuità, al pari del PM e dell’imputato. Il giudicato penale sulla particolare tenuità del fatto, che presuppone comunque un accertamento sulla esistenza del reato e sulla ascrivibilità dello stesso all’imputato, risulta efficace nel giudizio civile per il risarcimento del danno.
A causa del requisito della “non abitualità” del comportamento, infine, le decisioni che accertano la particolarità tenuità del fatto saranno iscritte nel Casellario giudiziale.
Fonte: Consiglio dei Ministri
Enrico Michetti
La Direzione
(2 dicembre 2014)
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