Privacy e Ispettorato
Lavoro irregolare, la tutela del lavoratore contro indebite pressioni
Una sentenza del Consiglio di Stato impedisce la conoscibilità, al datore di lavoro, delle dichiarazioni e dell'identità dei lavoratori contenute negli atti ispettivi.
Sancita dal Consiglio di Stato, come emerge dalla sentenza n. 5779/2014, "la prevalenza del diritto alla riservatezza dei lavoratori" rispetto all'esigenza di conoscibilità, da parte del datore di lavoro, di alcuni documenti redatti dall'Ispettorato del lavoro per irregolarità dell'azienda nella gestione dei rapporti di lavoro.
E' prioritaria, al riguardo, la "privacy" dei dipendenti oggetto delle irregolarità rilevate/riscontrate in materia di rapporti di lavoro, previdenza e assistenza. In particolare si vuole mettere al riparo, con la garanzia dell'anonimato, i lavoratori da possibili "ritorsioni", da parte dell'impresa, per aver interessato gli uffici dell'Ispettorato del lavoro.
Cio', ovviamente, esula dalla tutela per l'impresa, in materia di trasparenza, dell'azione della PA, tutela che è garantita sufficientemente dalla conoscenza e notifica del "verbale di accertamento" da parte degli uffici dell'ispettorato del Ministero del Lavoro, che contiene tutti gli estremi e rilievi ispettivi.
I giudici amministrativi superiori, con tale sentenza, affermano la necessità di tenere riservati i documenti che possono cagionare, con la loro divulgazione, azioni discriminatorie, indebite pressioni o pregiudizi, a carico di lavoratori o di terzi.
Nel caso specifico, come evidenziato dal Giudice di prime cure, la documentazione richiesta, dall'azienda ispezionata, operante nel territorio della provincia di Foggia, e precisamente dall'amministratore unico, posta alla base dell'ordinanza ingiunzione, e' stata avanzata "solamente" il giorno prima di essere impugnata davanti al giudice, ciò a significare, sostanzialmente, che l'azione di adire il giudice e' stata avviata indipendentemente dalla istruttoria svolta dall'Amministrazione.
Il Consiglio di Stato ha precisato che il diritto alla riservatezza dei lavoratori, che hanno reso dichiarazioni, deve essere tutelato a prescindere da chi chiede la documentazione sia o meno il datore di lavoro.
In conclusione è possibile affermare che il divieto di pubblicazione delle carte poste alla base dell'azione amministrativa ispettiva trova fondamento nei principi sanciti dalla nostra Costituzione, della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e della legge 300/1970 "Statuto dei lavoratori".
Per leggere la sentenza www.gazzettaamministrativa.it
Stefano Olivieri Pennesi
(13 dicembre 2014)
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