Innovazione
I ritardi nell'uso della tecnologia digitale ci "costano" 10 milioni di euro al giorno
Una ricerca del centro Studi Censis rivela il nostro grave "gap tecnologico" rispetto alla media europea ed alle economie piu' avanzate, con un "costo" quantificabile in oltre tre miliardi e mezzo l'anno
Una ricerca del centro studi Censis, pubblicata sul “Diario della transizione”, rivela che il grave ritardo nell’uso delle nuove tecnologie “costa” al nostro Paese oltre tre miliardi e mezzo di euro ogni anno. La segnalazione arriva dal “ilfattoquotidiano.it”, con un articolo di redazione che riporta i dati più significativi dello screening.
Per il Censis, “se l’Italia recuperasse i ritardi nell’uso delle nuove tecnologie per informarsi, fare acquisti, interagire con La Pubblica Amministrazione, fino a raggiungere gli standard europei” e si riuscisse finalmente a mettere in atto “un ragionevole progetto di razionalizzazione delle diverse banche dati della P.A. (sono 1.520)”, si otterrebbe “un netto miglioramento della qualità dei servizi e una conseguente disponibilità per nuovi investimenti in innovazione”.
Stiamo parlando di cifre che, nelle stime dei ricercatori del Censis, sfiorano i 10 milioni di euro al giorno, che “potrebbero essere utilizzate per nuovi investimenti in reti, tecnologie e servizi innovativi”.
Naturalmente il problema sta anche nella nostra scarsa propensione all’uso delle tecnologie digitali. Il Censis, infatti, sottolinea che in Italia solo il 58% delle persone con età compresa fra i 16 ed i 74 anni utilizza internet; a fronte dell’ 82% della Francia, dell’84 della Germania e del 90% del Regno Unito, con una media europea che si attesta sul 75%. In pratica, siamo indietro rispetto a tutte le economie più avanzate; e non solo rispetto a quelle, purtroppo.
Nel nostro Paese solo un terzo degli utenti usa internet per contattare la P.A.; ovviamente, non è solo colpa dei cittadini. A parte la già accennata questione delle numerosissime e diverse banche dati, pesa moltissimo anche il grave ritardo negli investimenti in reti di nuova generazione, rispetto a Francia, Regno Unito e Germania.
Tutto questo costituisce una gravissimo “gap tecnologico” che contribuisce a frenare sviluppo e crescita. Siamo un po’ come un atleta che pretende di partecipare ad una gara di corsa con i pesi attaccati alle gambe, mentre gli altri concorrenti corrono liberi da freni di ogni genere.
Il Censis lo chiama “spread”, ma non c’entra con i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi. E’ la differenza con le economie più avanzate, che si traduce in “costi” dovuti ai ritardi del nostro Paese anche in questo campo, che comprende anche quello nell’uso dei mezzi tecnologici per effettuare i pagamenti.
Si pensi che in Italia, secondo il centro studi autore della ricerca di cui stiamo parlando, l’82,7% dei pagamenti viene fatto in contanti, mentre in Europa la media è del 66,6%. Da noi in un anno la media pro-capite dei pagamenti con carte di credito o simili è solo di 28. In Gran Bretagna siamo a 167 ed in Francia a 129. Con tutto quel che ne consegue, ovviamente, in termini di controllo del “nero”.
E non servirà certo a migliorare la situazione “l’obbligo”, imposto dal primo luglio ad una serie di categorie professionali ed imprenditoriali, di utilizzare il “pos” per i pagamenti sopra i 30 euro. La norma, infatti, non prevede alcun tipo di sanzione per chi non la rispetta.
Insomma, una cosa un po’ alla “vogliamoci bene”, del tipo : “fate voi, lasciamo la decisione al vostro senso di responsabilità”.
Moreno Morando
(6 luglio 2014)
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