IOR
Via Von Freyberg arriva De Franssu, ma cosa cambia davvero allo IOR?
Cambio al vertice dello IOR. La banca del Vaticano si disimpegna intanto dagli investimenti finanziari e c'è chi vede nell'operazione IOR una strategia per la progressiva dismissione delle proprietà della Santa Sede.
Lo IOR ha un nuovo presidente. Si tratta del francese Jean Baptise De Franssu, già membro del Consiglio Economico di laici voluto da Papa Francesco. De Franssu non è un banchiere, bensì un esperto di mergers & acquisitions, di asset management e di operazioni finanziarie che lavora per il Tages Group del finanziere italiano Panfilo Tarantelli.
Via dunque Ernst Von Freyberg che aveva portato utili notevoli alla banca del Papa oggi praticamente annullati dall'operazione voluta da Papa Francesco e che ha visto la divisione delle attività strettamente bancarie dello IOR dalle operazioni finanziarie, oggi riservate solo all'APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), il ministero guidato dal Card. Calcagno, già noto a Savona per l'increscioso caso del "vino del vescovo". Secondo quanto accertato, infatti, da una inchiesta della procura di Savona, Calcagno, quando era vescovo della città ligure, ottenne gratuitamente alcune bottiglie di vino adulterato e le rimise in vendita presso le librerie paoline con l'enfatica etichetta di "vino del vescovo".
Vino a parte, ad essere adulterati sembrano proprio i conti dello IOR. Se nel 2012 la banca chiudeva i bilanci con un profitto netto di 86,6 milioni di euro, il profitto si riduce a soli 2,8 milioni. Ma la differenza non nasce da una cattiva gestione o da investimenti poco proficui, bensì dal costante disimpegno dello IOR dalle attività finanziarie nel corso del 2013. Solo 51 milioni di euro venivano nel 2012 dall'attività di trading effettuata dalla banca che nel 2012 deteneva 3,2 miliardi di euro di bonds (titoli di stato in massima parte).
Con la riforma dello IOR - molto all'acqua di rose - voluta da Papa Francesco investimenti e gestione degli asset (in particolare dell'incredibilmente prestigioso patrimonio immobiliare) passano dallo IOR all'APSA, si sottraggono così ai controlli incrociati e ai sospetti di magistratura e istituti di controllo e vigilanza internazionale sulle operazioni bancarie.
Il tutto in vista di un'operazione di cui in Vaticano non si parla molto ma che a parere degli esperti appare come l'unica strategia capace di giustificare lo spacchettamento dello IOR. Stiamo parlando della progressiva privatizzazione e "svendita" di larga parte del patrimonio vaticano. Il tutto a cura delle società di laici vicini alla Santa Sede, nominati nei vari consigli voluti da Papa Francesco e che più che portare equità, sobrietà e vigilanza, sembrerebbero alla ricerca di insperati profitti. Si aprono così nuovi scenari sulla possibile divisione della stessa APSA in due tronconi. Uno che gestirà solo l'amministrazione corrente e uno incaricato degli investimenti e affidato ai membri del Consiglio Economico, ossia lo stesso De Franssu, ma anche il maltese ex presidente della banca centrale e attivo nella fiscalità internazionale, Joseph Zahara.
Questi laici si troverebbero a gestire un patrimonio immobiliare e finanziario di svariati miliardi di euro. Un patrimonio che se gestito in nome del bene comune potrebbe costituire per la Chiesa una risorsa inestimabile per opere di carità e assistenza a livello globale. In nome di un malinteso pauperismo, tuttavia, si teme che questo patrimonio possa essere dismesso progressivamente, andando così a riempire le tasche della finanza internazionale e svuotando quelle di un Vaticano inteso sempre più come istituzione meramente morale e priva dei beni materiali utili a svolgere attività caritatevole, assistenza ospedaliera, e altre opere di solidarietà.
Finora, nonostante il Papa lanci i suoi strali contro il mondo dell'avidità finanziaria, sotto il pontificato di Francesco, la Santa Sede è diventata il luogo privilegiato delle multinazionali della consulenza economica e finanziaria: da KPMG a Ernst & Young, passando per McKinsey e il Promotory Financial Group. Ci si domanda dunque legittimamente che senso abbia per il Papa andare in giro in utilitaria quando poi la Santa Sede spende mensilmente centinaia di migliaia di euro per pagare le consulenze di gruppi il cui interesse non è certo spirituale, bensì coincide con il mero inseguimento del profitto. Evidentemente la cura che i Cardinali hanno imposto alla Chiesa con l'elezione di Bergoglio si limita esclusivamente ad un cambio di immagine. Una cura che finora sta dando risultati indubbiamente clamorosi.
Francesco Colafemmina
(7 luglio 2014)
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