Corte dei conti
Lo scandalo delle protesi "d'oro per l'aldilà". Condannati i dipendenti dell'ex ASL
I pazienti morivano ma loro continuavano ad inviargli le protesi. Un danno erariale da 185 mila euro per procedure di fornitura irregolari e disordine nell'archivio.
La Corte dei conti, sez. giurisdizionale per l’Umbria, con la sentenza n. 102 depositata l'8 ottombre 2014 ha definito le responsabilità di tre dipendenti della ex ASL n.4 - Terni.
La Procura nel lontano 2006 li aveva convenuti in giudizio per sentirli condannare al risarcimento di un danno erariale quantificato in € 572.240,12 ( che è stato poi riquantificato dai giudici contabili).
I tre dipendenti dell’Azienda avevano gestito in modo irregolare il servizio preposto alle prestazioni di assistenza protesica (FAP) a carico del servizio sanitario. Le anomalie emerse dalle indagini svolte dalla Procura hanno riguardato le procedure di erogazione del servizio, la fornitura di protesi a pazienti deceduti, l’omessa attivazione di una convenzione per l’acquisizione di presidi a prezzi inferiori rispetto a quelli sostenuti nonché il mancato ordine dell’archivio e il danno all’immagine.
Per questa vicenda già nota agli organi di stampa come “scandalo delle protesi d’oro” - relativamente alla quale la Corte dei Conti si era già pronunciata con sentenza non definitiva ed ordinanza n. 410/2006 - con la sentenza n. 102/2014 da ultimo depositata i giudici contabili hanno esaminato le singole voci di danno patrimoniale precisamdo quanto segue:
DANNO PER “DISORDINE NELL’ARCHIVIO – L’archivio – affermano la Corte – ha costituito il “substrato” che ha accompagnato e favorito le criticità procedurali e documentali. La Guardia di Finanza al momento delle verifiche aveva riscontrato il disordine più totale della documentazione: fascicoli che non si trovavano perché mai costituiti, ovvero distrutti, sottratti o dispersi. I fascicoli erano in parte mancanti, spesso risultavano vuoti, privi di qualsiasi documentazione.
Insomma un vero disastro, tanto da poter affermare “che il servizio aziendale ausili e protesi dell’Asl 4 era sprovvisto di un vero e proprio archivio”. Il disordine costituiva un elemento di agevolazione della condotta dolosa, in particolare della figura apicale coinvolta, che poteva muoversi con maggior libertà e minor controlli. La notevole confusione non consentiva “la piena ed immediata tracciabilità delle procedure amministrative, sia mentre sono ancora in corso, sia successivamente alla loro conclusione”.
L’Amministrazione ha dovuto “sostenere un costo ‘specifico’ per riportare alla normalità funzionale” l’archivio, “per assicurare nel servizio l’efficienza e soprattutto la piena legalità, se non altro nell’ottica dei controlli e delle verifiche”. Sul punto il Collegio ha ritenuta acclarata l’attualità del danno erariale oltre a confermare la quantificazione del danno proposta dalla Procura erariale precisando che "l’archiviazione dei documenti non comprende unicamente la fase di materiale presa in carico, attraverso la protocollazione. L’archiviazione implica invece l’ulteriore fase, altrettanto necessaria, della codificazione e della opportuna sistemazione della documentazione cartacea in cartelle o altri contenitori, individuati mediante criteri oggettivi e soggettivi. L’ordinata archiviazione deve consentire la piena ed immediata tracciabilità delle procedure amministrative, sia mentre sono ancora in corso, sia successivamente alla loro conclusione. Né può sostenersi che la confusione sia conseguente ad asseriti e non provati trasferimenti dell’archivio, posto che essi, se gestiti con le necessarie cautele ed attenzioni, non cagionano perdita di documenti o altro. E soprattutto non influiscono sul disordine classificatorio."
PROTESI AI DECEDUTI – Gli accertamenti riscontravano l’esistenza di numerose pratiche intestate a persone decedute, alcune pratiche recavano addirittura la data di avvio successiva al decesso del beneficiario. I familiari dei pazienti “passati a miglior vita” ricevevano le protesi nonostante l’avvenuta comunicazione del decesso. Ciò ha determinato un aggravio della spesa, “criticità accentuate dalla sostanziale inefficacia della fase del collaudo e mancanza di una procedura volta a regolamentare l’evenienza del decesso in corso di procedura”.
ALTRE IRREGOLARITA’ – Numerose pratiche oltre a quelle relative ai deceduti poi sono risultate contenere atti con firme false o con l’aggiunta di protesi in più rispetto a quelle regolarmente autorizzate, senza la controfirma del medico prescrittore, oppure modelli privi della diagnosi di prescrizione e del preventivo. Tutto ciò in violazione del Decreto Ministeriale n. 332/1999 (oltre ai Decreti della Giunta Regionale Umbria n. 2142/1999; Delibera del Direttore generale dell’ASL 4 di Terni n. 80/2001).
CHI SONO I SOGGETTI COINVOLTI? - Il primo soggetto coinvolto è un medico specialista il sig. D. S. con competenze specifiche nelle importantissime fasi della prescrizione e del collaudo. A questo vengono contestate le condotte relative alla forniture di protesi ai deceduti e altre irregolarità procedurali. La Corte afferma che “dagli atti emerge con tutta evidenza una condotta estremamente superficiale nella trattazione delle procedure”. E’ stato condannato a risarcire € 25.500,00.
Il secondo è il responsabile del Servizio, il Sig. F.B. competente nella fase di autorizzazione alla fornitura. La Procura gli ha contestato il disordine nell’archivio, le protesi ai deceduti e altre tipologie di irregolarità. E’ stato condannato a risarcire € 60.000,00.
Infine, la Sig.ra M.V. coinvolta anch’essa in tutte e tre le fattispecie di danno. Quest’ultima era l’addetta all’ufficio protesi, la più alta in grado, responsabile dell’istruttoria. La sua condotta è stata ritenuta dalla Corte dei conti gravemente colposa per quanto concerna la tenuta dell’archivio, anche con riferimento alla “facile prevedibilità e prevenibilità dell’evento”. E non solo! E’ stato riscontrato un comportamento rientrante nel dolo contrattuale, “caratterizzato dalla consapevolezza della violazione dei propri obblighi di servizio con piena assunzione delle prevedibili conseguenze dannose. In definitiva è stata condannata a risarcire una somma pari a € 100,156,67.
Le condanne sopra riportate sono state pronunciate a favore dell’erario della disciolta ASL 4 e, conseguentemente, della amministrazione ad essa succedente, soggetto titolare del servizio sanitario del quale la predetta ASL faceva parte.
Gianmarco Sadutto
(21 ottobre 2014)
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