Giustizia Amministrativa
I Magistrati non possono far parte del Sovrano Ordine di Malta
Confermata la legittimità del diniego del C.S.M. nella sentenza del TAR Lazio del 18.3.2016 n. 3367
Interessante questione è giunta all'attenzione della Sezione Prima Quater del Tar del Lazio che ha esaminato la legittimità della delibera con cui il Consiglio Superiore della Magistratura ( C.S.M.), ha negato ad un magistrato in servizio presso il Tribunale de L’Aquila, l’autorizzazione per lo svolgimento dell’incarico, con inquadramento volontario e non retribuito, di sottotenente del Corpo Militare del Sovrano Ordine di Malta, qualificato nella sua istanza quale reparto dell’Esercito Italiano.
Nella sentenza del 18.3.2016 n. 3367 il TAR Lazio nel rigettare il ricorso proposto dal magistrato ha aderito alla ricostruzione normativa del C.S.M. sulla natura giuridica del Corpo Militare del Sovrano Ordine di Malta, indicato quale “Ordine cattolico laico, istituzione di diritto internazionale pubblico (di cui si discute la natura sovrana); pur non essendo uno Stato, per mancanza di un territorio, ha una struttura a questo assai simile, poiché ha un proprio ordinamento giuridico ed una propria Costituzione; ha una propria "popolazione" di circa 12.500, fra Cavalieri e dame; un proprio ordinamento giudiziario (con due distinti organismi, il foro ecclesiastico ed il foro laicale); svolge attività normativa, amministrativa e giudiziaria; intrattiene relazioni politiche e diplomatiche con governi stranieri e conclude accordi con altri soggetti di diritto internazionale; si avvale dell'immunità diplomatica concessa dall'Italia alle sedi di Roma; ha lo status di osservatore permanente presso le Nazioni Unite, ma non può prendere parte alle votazioni (in quanto non è uno Stato); ha una bandiera, delle insegne e uno stemma; batte una moneta, lo scudo maltese; celebra la sua festività nazionale il 24 giugno; emette francobolli propri, fino al 2004 con il valore facciale in grani, tari e scudi e dal 1° gennaio 2004 in euro.”
Sull’ambito operativo dell’Ordine, inoltre, è stato evidenziato come esso svolga attività mediche ed umanitarie in molti paesi del mondo, agendo attraverso organismi periferici che operano nell'ambito dei diversi territori nazionali; tra queste, le associazioni nazionali, previste dall'art. 347 della Costituzione, hanno come scopo l'attuazione pratica, sotto l'autorità del Gran Maestro e del Sovrano Consiglio, delle finalità proprie dell'Ordine.
In Italia, poi “l’Ordine di Malta realizza i propri fini istituzionali benèfici, in materia sanitaria e ospedaliera, tramite l'associazione dei Cavalieri italiani del sovrano militare Ordine di Malta (in sigla: ACISMOM), ente pubblico di diritto melitense, alla quale si estende l'immunità dalla potestà dello Stato italiano, e quindi da ogni ingerenza di questo in ambito giurisdizionale, rispetto alle attività esercitate come titolare di una potestà di imperio in base al proprio ordinamento, e che siano in stretta connessione con le proprie funzioni sovrane e finalizzate alla realizzazione degli scopi istituzionali”. Osserva, in proposito, il C.S.M. che le associazioni "costituiscono infatti quello che si potrebbe definire il «modo d'essere territoriale» dell'Ordine stesso" e perseguono "lo stesso fine dell'ente istituzionale sovrano, quale soggetto che si viene a trovare in un rapporto di immedesimazione funzionale con l'Ordine e le sue strutture organizzatorie.”
Dal 2011, per effetto dell'entrata in vigore del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (recante il codice dell'ordinamento militare), i rapporti tra l'associazione dei Cavalieri italiani del sovrano militare Ordine di Malta e lo Stato italiano sono regolati dal titolo V del libro V (artt. da 1761 a 1775), intitolato "Associazione dei Cavalieri italiani del sovrano militare Ordine di Malta", diviso in quattro capi, intitolati rispettivamente "Personale militare", "Corpo delle infermiere volontarie", "Trattamento economico" e "Trattamento previdenziale". Esaminate, poi, le singole disposizioni del codice di interesse, il C.S.M. ha espresso la convinzione che il Corpo militare dell'Ordine di Malta non costituisce una riserva speciale dell'Esercito Italiano, per come questa è espressamente regolata dall’art. 674 del Codice dell'ordinamento militare; ritiene il Consiglio che: “più che di una riserva speciale dell'esercito italiano, sembra corretto parlare di un corpo militarizzato, con compiti di soccorso, alle dirette dipendenze dell'associazione dei Cavalieri italiani del Sovrano militare Ordine di Malta, ente di diritto pubblico melitense, salvo incorporazione nell'esercito italiano in caso di guerra; tenendo a mente che ogni forma di cooperazione tra l'Associazione e lo Stato italiano è regolata da apposite convenzioni (di diritto internazionale, intercorrendo tra due diversi soggetti di diritto internazionale, che stipulano su un piano di assoluta parità), legittimate, da parte italiana, dall'art. 1766 del D.Lgs. 66/2010.”
Dalla ricostruzione eseguita, il C.S.M. ha, quindi, enucleato gli elementi che hanno militato in senso negativo all'adesione del magistrato all'Ordine di Malta:
- il suo essere corpo militare;
- l'espletamento di compiti piuttosto gravosi sia in tempo di pace che di guerra;
- lo svolgimento delle proprie attività attraverso associazioni che operano sotto l'autorità di un Gran Maestro e del Sovrano Consiglio;
- l'applicabilità agli appartenenti dell'art. 1765 del codice dell'ordinamento militare, secondo cui tutti gli iscritti sono militari e come tali sottoposti alla disciplina militare e della legge penale militare;
approdando alla conclusione che le forme di peculiare e rimarcata sottoposizione a vigilanza dell'impiego del corpo militare del Sovrano Ordine di Malta “fanno dubitare dell'opportunità dell'appartenenza ad esso di un magistrato, il cui status è caratterizzato per dettato costituzionale dall'autonomia dal potere esecutivo. E ciò pur nella consapevolezza della sua meritevole attività umanitaria”.
Ad avviso del giudice capitolino il C.S.M. ha correttamente ritenuto la possibile compromissione delle prerogative proprie dello status magistratuale, quali la piena autonomia e indipendenza, tenuto anche conto della non precisata modalità e frequenza delle chiamate che, invece, potrebbero rivelarsi incompatibili con le prioritarie esigenze di servizio, esponendo il magistrato, per altro verso, alla responsabilità per mancata adesione alla chiamata.
Fonte: Giustizia Amministrativa
Enrico Michetti
La Direzione
(20 marzo 2016)
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