TAR LAZIO
Infiltrazioni mafiose: i presupposti per lo scioglimento di un Comune
Accurata analisi dei giudici amministrativi sugli elementi concreti posti a base dell'art.143 del TUEL.
Con decreto del Presidente della Repubblica del gennaio 2017 veniva disposto lo scioglimento del Consiglio di un Comune della provincia di Napoli. All'esito di approfonditi accertamenti, erano infatti emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che avevano esposto l'Amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialità dell'attività comunale. La Commissione di accesso prefettizia, peraltro, aveva rilevato, altresì, che la permeabilità dell'Ente ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata aveva arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettività determinando la perdita di credibilità dell'istituzione locale.
Il Sindaco rimosso ed alcuni consiglieri comunali di maggioranza del Comune, eletti in seguito alla tornata elettorale del maggio 2015, chiedevano al TAR del Lazio l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti tutti concernenti il disposto scioglimento del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 143 del TUEL (D.L.vo n. 267 del 2000).
I ricorrenti, facendo riferimento alla relazione prefettizia ed a quella della Commissione d’accesso fornivano la propria ricostruzione sui profili principali esaminati in detti atti, riguardanti il quadro politico, la distinzione tra le coalizioni elettorali del 2015, le procedure selettive di tecnici esterni, gli amministratori, l’attività professionale dello stesso Sindaco e le pratiche edilizie richiamate, le parentele e affinità con esponenti della malavita locale, l’apparato burocratico, le parentele dei dipendenti, le attività dell’Ente, gli impianti sportivi sui quali si era aperto un focus, varie manifestazioni svolte, il servizio di tesoreria comunale, il PIP e la pianificazione urbanistica.
In sostanza, ad avviso dei ricorrenti, non sussistevano i presupposti per lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune. I giudici laziali hanno, prima di tutto, rammentato alcuni principi fondamentali in materia, ed in particolare che:
a) lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento di tipo “sanzionatorio” ma preventivo, per la cui legittimazione è sufficiente la presenza di elementi “indizianti”, che consentano d'individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l'organizzazione mafiosa e gli amministratori dell'ente considerato infiltrato;
b) esso è uno strumento di tutela della collettività, in particolari situazioni ambientali, nei confronti dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli Enti locali, quale “misura di carattere straordinario” per fronteggiare “una emergenza straordinaria”;
c) il quadro fattuale posto a sostegno del provvedimento di scioglimento ex art. 143 cit. deve essere valutato non atomisticamente ma nella sua complessiva valenza dimostrativa, dovendosi tradurre in un prudente apprezzamento in grado di lumeggiare, con adeguato grado di certezza, le situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente che la norma intende prevenire;
d) stante l’ampia sfera di discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all'ordine pubblico, ed in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose, il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come “estrinseco”, nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, alla ragionevolezza del momento valutativo, nonché alla congruità e proporzionalità rispetto al fine perseguito;
e) l'art. 143 del D.L.vo n. 267 del 2000, al comma 1 (nel testo novellato dall'art. 2, comma 30, della L. n. 94 del 2009), richiede che la situazione di condizionamento dell’Ente locale da parte della criminalità sia resa evidente da elementi concreti, univoci e rilevanti, che assumano valenza tale da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali. Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per “concretezza”, in quanto assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per “univocità”, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per “rilevanza”, che si caratterizza per l'idoneità all'effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell'ente locale.
Tutto ciò premesso, e considerato allora che le vicende che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale devono essere considerate nel loro insieme, risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso (per cui ben possono assumere rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata: quali vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni), indipendentemente dal fatto se il valore indiziario degli elementi raccolti sia o meno sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione, il TAR del Lazio, I Sezione, ha rigettato il ricorso con sentenza n. 3675 del 3 aprile 2018.
I giudici hanno infatti sottolineato come le indagini compiute avessero dimostrato effettivamente quel grado di pervasività delle strutture comunali alle azioni esterne improntate a metodi mafiosi.
In particolare si evidenziavano i seguenti elementi, tutti sintomatici del clima di cui in discorso:
a) la continuità sostanziale nella gestione dell’Ente, dato che un attuale consigliere di minoranza era stato Sindaco dal 1998 al 2005 (fino a un primo scioglimento sempre ai sensi dell'art. 143 cit.) e l’attuale Sindaco aveva diretto l’Amministrazione comunale nel biennio 2009-10 (quale vicesindaco subentrato al Sindaco deceduto) ed era stato nominato assessore all’Ecologia e Ambiente nella giunta costituita in seguito alle elezioni del 2010;
b) il ruolo attivo svolto dalle organizzazioni criminali in relazione alle elezioni del 2015, sia in fase di composizione delle liste elettorali sia in fase di festeggiamento per l’elezione del Sindaco, appartenente a lista civica sottoscritta anche da soggetti gravati da precedenti penali, di cui ventuno parenti o affiliati alla locale consorteria malavitosa, nonché la presenza di atti di intimidazione verso altri candidati poi ritiratisi dalla competizione;
c) la situazione di “stallo” nell’evoluzione urbanistica, contraddistinta dall’attuale vigenza ancora del P.R.G. adottato nel 1978, che lasciava ampio margine di discrezionalità all’Amministrazione nel rilasciare titoli edilizi; i ritardi riscontrati nello svolgere comunque attività di controllo, come attestato dal rilascio di alcune pratiche edilizie illegittime a favore di soggetti riconducibili alla criminalità organizzata; la mancata dichiarazione di decadenza di concessioni edilizie rilasciate nell’ambito di interventi straordinari del “piano casa” a soggetti collusi; il rilascio di numerosi titoli edilizi in sanatoria su progetti anomali, carenti di documentazione o sottoscritti da tecnici dipendenti dello studio professionale del sindaco e così pure per ulteriori pratiche edilizie;
d) le procedure di affidamento concernenti il P.I.P., non trasparenti, irregolari e con beneficiari soggetti collusi;
e) la gestione in via diretta e gratuita del campo sportivo a società il cui rappresentante legale è fratello di un esponente del “clan” camorrista egemone, secondo una prassi già alla base, tra altre evidenze, dello scioglimento disposto nel 2005;
f) le modalità di gestione del servizio di tesoreria comunale;
g) lo svolgimento della fase pre-elettorale e i festeggiamenti di esponenti della malavita locale per l’elezione del Sindaco;
h) l’ingerenza della compagine politica, con ingiustificati avvicendamenti, sulla struttura burocratica, a sua volta spesso permeabile alle infiltrazioni clientelari;
i) la carenza di strumenti regolamentari in diversi settori, anche strategici, con conseguente alta discrezionalità dell’apparato burocratico e incremento delle interferenze esterne;
l) la constatazione di un alto ammanco di cassa, per il quale non risultavano alcuna denuncia all’A.G. ovvero iniziative di recupero e l’omissione di controlli e verifiche, che procuravano gravi danni al bilancio;
m) il comportamento dell’Amministrazione di favore verso il “clan” locale in occasione di feste tradizionali.
Rodolfo Murra
(3 aprile 2018)
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